Nel buddhismo non c’è un’esplicita teoria a favore della donna e sono presenti aspetti misogini e ambivalenti dal punto di vista socio-culturale e istituzionalizzato, che si sono storicamente affermati in Paesi a maggioranza buddhista.
Le donne sono state ammesse nell’ordine monastico dopo molte insistenze e con una regola più restrittiva di quella maschile, ma è stato un atto notevole da parte del Buddha, oltre 2.500 anni fa, includere le donne negli insegnamenti in una società patriarcale che le vedeva portatrici di pochi diritti in materia di istruzione e pratiche religiose.
Nelle Scuole del buddhismo Theravada diffuso nel Sud-est asiatico, gli atteggiamenti patriarcali sono più evidenti, in contrapposizione ai successivi sviluppi nel Mahaya˘na, diffuso tra Cina e Giappone, più favorevoli alle donne.
Atteggiamenti antitetici
Nel buddhismo possiamo identificare quattro atteggiamenti distinti nei confronti delle donne: inclusività soteriologica, androcentrismo istituzionale, misoginia ascetica e androginia soteriologica.
Il primo atteggiamento è quello buddhista di base: la dottrina e il cammino salvifico sono essenzialmente inclusivi e non discriminano tra i sessi. Il Buddha ha sempre proclamato che il suo insegnamento è valido per tutti senza distinzioni, ma la realtà delle società buddhiste e gli atteggiamenti tradizionali colgono meno questo aspetto.
Quando il buddhismo divenne istituzionalizzato, assunse la prospettiva sociale della superiorità maschile che si rifletteva non solo negli atteggiamenti socio-culturali ma anche nelle opinioni misogine di monaci che non ritenevano possibile il conseguimento della buddhità da parte delle donne: la loro massima aspirazione doveva essere rinascere come uomo!
Per risolvere l’incompatibilità fra questi tre atteggiamenti, nel Canone buddhista si ritrovano passi che mettono in luce il quarto atteggiamento, più inclusivo e allineato con l’affermazione originaria del Buddha: l’uguaglianza di entrambi i sessi nel Cammino spirituale di Liberazione. I buddhisti hanno come guida l’ideale della gentilezza e del rispetto amorevoli incondizionati: ogni persona va giudicata per il proprio comportamento e non in base alla nascita, quindi i buddhisti sono in buona posizione nello sviluppo della parità di genere, ma nella realtà contingente l’uguaglianza ancora non è presente nelle comunità tradizionali asiatiche, che si stanno lentamente aprendo, e nemmeno in quelle occidentali.
Tratti occidentali
In Occidente il buddhismo si distingue per l’enfasi sulla meditazione e per un corrispondente minor interesse per i rituali e tutte le altre dimensioni particolarmente “religiose” delle tradizioni buddhiste storiche. Si insiste sul fatto che il buddhismo non è affatto una religione ma piuttosto un “modo di vivere”, una “filosofia” o, cosa che riflette il recente entusiasmo per tutte le teorie cognitive scientifiche, una “scienza della mente”. Sono quindi presenti aspetti molto collegati con la cultura occidentale laicizzata, la scienza, i diritti civili e quant’altro. Questi si innestano nel tessuto dottrinale e permettono una relativa uguaglianza di genere, relegando ai margini alcune delle affermazioni misogine legate alla storia e alla cultura dei Paesi di origine.
Effetti della globalizzazione
A mano a mano che il buddhismo diventa una realtà globalizzata sempre più rilevante, le donne, laiche e monache, assumono ruoli chiave ed è inevitabile che pregiudizi e barriere obsoleti inizino a sgretolarsi, il che è essenziale per la fioritura del buddhismo nel XXI secolo.