Suor Alessandra Smerilli è una delle economiste più ascoltate dalla Cei - i vescovi italiani, radunati nella Conferenza episcopale italiana - e dal Vaticano al tempo di Bergoglio. Siamo al ristorante Sanacafé, quartiere Prati, a un quarto d’ora a piedi dalla Via Conciliazione in cui si trova il Pontificio Consiglio della Cultura (Suor Alessandra fa parte della consulta femminile) e a cinque minuti dalla Lumsa, dove dopo il nostro pranzo lei andrà a condurre un esperimento basato sulla teoria dei giochi finalizzato a comprendere se esistono diversità sostanziali nei comportamenti economici fra i religiosi e i laici.
Ha una simpatia naturale e una naturale propensione a trasformare il sorriso in riso. Vive i normali affanni di tutti, «Chi ritiene che essere suora sia riposante pensando alla vita contemplativa, non sa quanto invece possa essere faticoso e impegnativo nella vita attiva». Su questo, nel 2013, ha scritto un libretto non privo di autoironia per le edizioni di Città Nuova intitolato appunto Suore.
«Papa Bergoglio - dice - nella sua enciclica Laudato Si’ ha espresso il messaggio profetico secondo cui tutto è connesso: l’ecologia e l’economia, il lavoro e la spiritualità. Esiste una continuità con la Caritas in Veritate di Papa Ratzinger. La questione non è avere più o meno mercato. Il nodo è la natura del mercato e anche la sua declinazione reale, nelle diverse fasi storiche. Papa Ratzinger si è soffermato sul tema cruciale della vocazione del mercato, definendolo come istituzione, se c’è fiducia generalizzata, che permette l’incontro tra le persone. I pontefici non sono economisti. I pontefici sono pastori che dichiarano la loro visione del mondo e manifestano le loro preoccupazioni. Come, di fronte ad alcune forme inaccettabili di realizzazione del mercato, ha fatto nella Evangelii Gaudium Papa Bergoglio, con il concetto molto forte del no all’economia che uccide, l’economia delle diseguaglianze, e del sì, per citare le sue parole “all’economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione”».
Al Sanacafé, un locale di gusto internazionale senza il timbro da osteria e senza la cifra anni Ottanta che ancora oggi perdura a Roma nei locali più pretenziosi e ben frequentati, la cucina è biologica, i tavoli sono delle tavolate in cui si consuma il pasto con i propri commensali a fianco di sconosciuti, il marketing e la comunicazione si fondono con un’idea comunitaria del desinare e con una prospettiva ultrasalutista ma non penitenziale del cibo.
Suor Alessandra, prima di scorrere il menù, si sofferma diverse volte sulle differenti declinazioni della diseguaglianza. Diseguaglianze economiche. Ma anche diseguaglianza fra uomo e donna. Pure nella Chiesa. «Nella Chiesa c’è poco spazio per le donne a livello di struttura e di gerarchia. Papa Francesco sta facendo molto per aumentare questo spazio. La diversità dello sguardo garantisce scelte più universali». Il tema delle diseguaglianze è il perno del pensiero e delle attività di questa suora dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice Salesiane di Don Bosco che è cresciuta in Abruzzo, ha un diploma di maturità al liceo scientifico Raffaele Mattioli di Vasto, è figlia di una parrucchiera (Lucia) e di un operaio della Magneti Marelli (Nicola) oggi in pensione e ha un fratello di nome Giuseppe, chef a Ningbo, a 300 chilometri da Shanghai, che è spesso ospite della televisione cinese dove insegna come si fanno il pane e la pasta.
Dal 13 al 16 marzo, Suor Alessandra sarà al seminario di Treviso della pastorale sociale della Cei su “Giovani, lavoro, sostenibilità”, dove avrà l’incarico di coordinare appunto il laboratorio su giovani e lavoro. Lo scorso ottobre, Papa Francesco l’ha nominata uditrice al sinodo dei vescovi sui giovani, dove ha tenuto un intervento. In quella occasione, Suor Alessandra aveva appena detto in sala stampa «economia ed ecologia hanno la stessa radice. Non si può ascoltare il grido dei poveri, e dei giovani fra i poveri, senza ascoltare il grido della terra, perché sono lo stesso grido», quando il suo account twitter è stato preso di mira da dei troll: «È stata una cosa pesante. Ma si è trattato di un episodio».
Suor Alessandra a fine febbraio ha svolto in Vaticano una relazione su ecologia, economia e politica in un seminario in preparazione del sinodo sull’Amazzonia, che si terrà a ottobre. L’Amazzonia, il Sud America. Uno dei cuori emotivi e culturali del pontificato di Bergoglio. Ma, anche, una delle metafore - fra propositi e azione, politica e scelte individuali - del pensiero economico del Santo Padre, «che è stato accolto molto bene dagli studiosi, per esempio Jeffrey Sachs e Paul Krugman, Joseph Stiglitz e Partha Dasgupta, ma che stenta a essere fatto proprio in maniera convinta e profonda dai cattolici: basta pensare alla poca attuazione, nei comportamenti di tutti i giorni, della ecologia integrale. È importante, per esempio, ricordare le parole di Papa Francesco nella Laudato Si’ sulla responsabilità sociale dei consumatori: “Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. Per questo “il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi”». Suor Alessandra lo dice mentre iniziamo a mangiare come antipasto lei una insalata verde con spinacini e finocchi e io delle polpettine di melanzane.
Il tema evangelico della visione dell’economia all’interno della missione della Chiesa si incrocia con il profilo culturale della ricerca economica. C’è una relazione fra il magistero ecclesiale e la critica ai metodi classici della costruzione del pensiero della e sulla economia. Suor Alessandra ha due dottorati di ricerca (il primo alla Sapienza di Roma e il secondo alla University of East Anglia di Norwich), è professore ordinario all’Auxilium (l’unica università pontificia affidata alle donne) e visiting professor alla University of Pennsylvania. «Ci sono alcuni fondamenti culturali dell’economia che non persuadono. Penso innanzitutto all’idea che l’economia sia come la fisica, regolata da leggi naturali, quasi che sia una scienza esatta. Quindi, al principio di razionalità, secondo cui gli operatori economici assumono le proprie decisioni sempre in maniera razionale. Oppure, al concetto di equilibrio ottimale dell’allocazione delle risorse che ne discende. È interessante notare che l’idea secondo cui il soggetto non è una persona, ma il soggetto è una monade che pensa a sé ed è opportunista non è soltanto alla base della teoria economica classica, ma viene anche trasmessa agli studenti, condizionando la loro cultura e plasmando la loro visione del mondo».
Il dubbio di fondo sulla costruzione del pensiero economico nasce in Suor Alessandra al terzo anno di università. Ne parla come di una vera e propria illuminazione culturale, mentre passiamo al secondo: lei dei calamari croccanti e io un rollè di branzino. «Allora ho conosciuto l’economia di comunione di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, e l’economia civile, studiata da Stefano Zamagni e da Luigino Bruni. Il dottorato italiano è stato sulla we rationality, la razionalità del noi. Il dottorato inglese sulla community of advantage, il vantaggio della dimensione comunitaria. Ho lavorato a Norwich con Robert Sugden, che nel solco della tradizione di Hume, Mill e Hayek ha sviluppato una nuova concezione dell’economia comportamentale, unendo esperimenti e teoria dei giochi, con la prospettiva di fare dialogare la scienza economica e la filosofia morale. La ricerca di una alternativa culturale o, meglio, di una critica nel metodo prima che nei contenuti, è oggi meno minoritaria di una volta. Anche se il mainstream, la corrente principale e dominante, è sempre il mainstream. Il grande blocco inscalfibile, nella diffusione di una concezione provvidenzialistica del mercato, è stato a lungo la Scuola di Chicago».
Sarà forse un caso, ma la prima - e l’unica - donna a vincere il Nobel per l’Economia - Elinor Ostrom - si è occupata di beni comuni. Mentre cediamo alla tentazione e dividiamo in due un tortino di cioccolata, Suor Alessandra racconta come tutto ebbe inizio: «La mia vocazione all’economia nasce all’interno del percorso di obbedienza. Io pensavo di iscrivermi a psicologia o a scienze dell’educazione, per lavorare con i ragazzi delle periferie. La mia madre superiora Vera Vorlova, una ceca molto lungimirante, mi chiese di pensare alla facoltà di economia perché, a suo avviso, l’economia sarebbe stata sempre più centrale. Non mi era mai venuto in mente. Di primo acchito mi sentii persa. Poi, però mi fidai e mi affidai. Dissi di sì, facendo notare che se si pensava a compiti gestionali non avrei garantito nulla, dato che non ho spirito pratico. E, così, eccomi qui».
Eccola qui, dunque: «Sono donna, sono suora e mi occupo di economia. Più fuori dal mainstream di così», sorride.