A pochi giorni dalla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, esce un nuovo report di D.i.Re riferito al 2020: le donne accolte dai centri anti violenza sono state oltre 20mila.
Il documento racconta di una violenza che nasce quasi sempre nelle relazioni domestiche e di intimità: il maltrattante è in larga misura il partner o l’ex partner (72,3 per cento dei casi), in larghissima maggioranza di origine italiana (76,4 per cento). Ma la realtà, ancora oggi, è che solo poche denunciano: le vittime che scelgono un percorso giudiziario rappresentano il 27%, a fronte di un 10% stimato dall’Istat. E tutto questo sia perché è ancora troppo manifesta la vittimizzazione secondaria nella aule di tribunale, ma anche perché nei centri antiviolenza deve essere adottato un approccio che punta all’autodeterminazione della donna.
Per farlo, tuttavia, serve un percorso condiviso - e fondi - che fino a dicembre 2020 era sancito dal Piano nazionale antiviolenza.
Il piano manca ormai da più di 10 mesi. Il progetto triennale 2017-20, con cui si tracciava per la prima volta un approccio onnicomprensivo alla lotta alla violenza maschile sulle donne, basato sulle tre P della Convenzione di Istanbul (prevenzione del fenomeno, punizione del colpevole, protezione delle vittime), è scaduto a dicembre scorso.
Nel frattempo il lavoro sul nuovo piano è andato avanti ma, ad oggi, i centri anti violenza e le associazioni che lavorano nel settore, strutture cardine nella lotta alla violenza maschile sulle donne, stanno ancora aspettando il piano e chiedono di intervenire al più presto su determinate criticità. Occorre puntare, secondo i centri, sulla formazione, sulle risorse, sul potenziamento delle reti territoriali.
Nel 2021 abbiamo avuto un femminicidio ogni 3 giorni, ma la politica sembra non sentire la necessità di spendersi sull’argomento. "Un irreparabile ritardo che mette in difficoltà tutte noi, non solo per la disponibilità e l’accesso ai fondi, ma soprattutto per l’impossibilità di programmazione e pianificazione degli interventi”, fa sapere la presidente di D.i.Re Antonella Veltri. “La definizione e il ruolo dei centri antiviolenza e la governance per rendere efficaci gli interventi previsti sono a nostro avviso i principali punti critici nella bozza di Piano anticipata finora dalla stampa”.
Un ritardo vergognoso, che va sanato al più presto! Se ancora oggi le donne chiamano la polizia fingendo di ordinare una pizza per scappare dal compagno violento, significa che al momento la pizza è - più di tante denunce e richiami - uno strumento per salvarsi la vita e - per quanto possa essere assurdo - vale tutti i fondi che i Governi dovrebbero erogare per prevenire e combattere la violenza di genere. Questa campagna, avviata da ActionaAid, ha un nome eloquente: #Call4Margherita.
E se questa “pizza” non può permettersi di arrivare in ritardo, nemmeno il governo può.