Tappe di crescita
Non meno significativi sono i temi delle altre tre sessioni – “La Chiesa mistero e segno di unità”, “Ecumenismo e storia della salvezza”, “Ecumenismo e dialogo” – che riconducono la vocazione ecumenica al cuore dell’ecclesiologia, nell’orizzonte dell’azione salvifica di Dio, e a quella dimensione dialogica che, come affermava nel 1964 l’Ecclesiam suam di Paolo VI, è il cardine del rapporto tra Dio e l’umanità e della vita cristiana.
Per le prime due sessioni, la trattazione dei temi è affidata a relatori cattolici; ma già alla seconda giunge un messaggio di Roger Schutz, il priore di Taizé, e con la terza ha inizio quella paritaria partecipazione di maestri e testimoni di tutte le Chiese cristiane che si afferma come carattere inderogabile delle iniziative del Sae. Principio altrettanto inderogabile è che ogni tradizione religiosa o spirituale sia presentata dal suo interno, per voce di chi personalmente la vive, non interpretata dall’esterno. L’orientamento interconfessionale dell’associazione, del resto, è fin da quei primi inizi garantito dalla presenza, in qualità di consulenti teologici a fianco di Maria Vingiani, del cattolico Germano Pattaro e del valdese Renzo Bertalot. A essi si aggiunge ben presto don Luigi Sartori, che accompagnerà il cammino del Sae per un quarantennio. Accanto a loro e dopo di loro innumerevoli altri esponenti delle varie tradizioni cristiane, italiani e stranieri, hanno offerto al Sae il contributo della loro dottrina, della loro testimonianza e della loro amicizia. Non meno importanti sono state le presenze ebraiche, perché l’ecumenismo del Sae si è posto fin dall’inizio in diretto rapporto con il dialogo ebraico-cristiano.
Frequente sarà poi il confronto con le altre grandi fedi viventi, con particolare attenzione al mondo musulmano; e costante il dialogo con la cultura laica.
Gruppi di studio
Intanto, lasciata la Mendola, il Sae sposta la sede delle sessioni dal Nord al Centro Italia, approdando nel 1968 al Monastero di Camaldoli, ove rimane per tre anni. Le sessioni che vi si svolgono vertono su alcune delle grandi questioni dibattute nella Chiesa e nella cultura del tempo: “Ecumenismo e libertà religiosa” (perdurava l’eco della dichiarazione conciliare Dignitatis humanae), “Ecumenismo ed evangelizzazione della pace”, “Ecumenismo e secolarizzazione”.
Erano gli anni fervidi e irrequieti del primo periodo postconciliare, dell’assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese a Uppsala, della contestazione studentesca, delle forti spinte all’impegno sociale e politico; e le sessioni del Sae videro un afflusso sempre più numeroso e appassionato di corsisti, con una folta ed effervescente presenza giovanile. La loro attiva partecipazione trovava spazio nei gruppi di studio, che proprio a Camaldoli diventarono una parte strutturale delle sessioni.
Fede, non ideologia
Ma anche Camaldoli, con cui il Sae ha mantenuto comunque un forte legame spirituale, fu una tappa temporanea: proseguendo la discesa verso il Sud, le sessioni trovarono per un quadriennio nuova sede a Napoli, presso i gesuiti di Cappella Cangiani. Furono nuovamente affrontati temi teologici ed ecclesiologici centrali e cruciali per l’ecumenismo: la parola di Dio, la comunità locale, l’eucaristia, l’evangelizzazione.
La loro trattazione non si sottrasse al nuovo clima del tempo in cui, alla passione irruente ma carica di speranza e utopia dei primi anni postconciliari, stava subentrando una tensione più acre, tra radicalizzazioni contrapposte, massimalismi e frustrazioni.