Paragono l’Unione Europea (Ue) a una cattedrale in costruzione: articolata, complessa e grandiosa. È fondata su libertà e democrazia, e la immagino a tre navate, perché ha tre obiettivi principali: la pace, la prosperità e la solidarietà. Dal 1979, anno in cui si iniziò a votare per il Parlamento europeo, questa è la prima volta che constato tanto interesse attorno all’Ue: ritengo che le imminenti elezioni siano le prime veramente politiche di questa costruzione che, dal 1951, è cresciuta a tappe ma non è ancora ultimata. Anzi, si trova a una svolta decisiva della sua esistenza: se non completiamo la copertura della volta c’è il rischio che tutto l’edificio crolli.
Risultati formidabili
Su scala mondiale l’Ue si può considerare il più grande successo del Novecento: 70 anni di pace in Europa non si registravano dai tempi dell’Impero Romano. Un continente raso al suolo dalla Seconda guerra mondiale dal 1957 ha visto crescere il proprio benessere in modo straordinario: prima nei sei Paesi della Comunità economica europea (Cee) e poi in quelli che man mano chiedevano di aderirvi. In Italia, per esempio, dagli anni Cinquanta al 2010 il reddito pro capite è quintuplicato.
Il processo di integrazione, avviato da sei “Stati fondatori” (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo), dal 1972 al 2013 si è progressivamente allargato a ventotto Stati (ora ventisette, per l’uscita della Gran Bretagna). La dilatazione dell’Ue è radicata nel fatto che costituiva un grande successo economico.
Oltre il mercato, la solidarietà
L’Ue non persegue esclusivamente finalità economiche. Già nel 1957 la Comunità economica europea (Cee) prevedeva un fondo sociale. Il principio di solidarietà, sancito nei Trattati dell’Ue, si traduce anche in politiche attive: quella di coesione a sostegno delle regioni “povere” ne è un esempio. Dal 2014 al 2020 il ridottissimo bilancio dell’Unione (pari all’1% del Pil dell’Ue) ha destinato loro ben 352 miliardi di euro. Ci sono poi gli interventi per le emergenze e le calamità naturali. L’Ue è stata molto attenta alla solidarietà, benché se ne sia parlato poco.
Espansione problematica?
C’è chi obietta che l’allargamento a Est sia stato un errore. Ma si tratta di Paesi che fanno parte della storia europea ed era doveroso includerli. Nel 1989 sono emersi da regimi dittatoriali di stampo sovietico e sono stati ammessi nell’Ue dal 2004, dopo aver raggiunto un assetto democratico e soddisfatto altri requisiti per l’ammissione. Già Grecia, Spagna e Portogallo, governati da regimi autoritari, si erano democratizzati anche per entrare nell’Ue. Le libertà civili e il modello sociale degli Stati membri sono esemplari, e in caso di deriva autoritaria uno Stato può venire sospeso dal diritto di voto nel Consiglio europeo e anche sanzionato economicamente.
Sovranità a rischio…
Nel 1951 Jean Monnet aveva già abbozzato una struttura federale della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca); i Trattati dell’Ue l’hanno progressivamente migliorata: oggi esistono una “Camera del popolo” che rappresenta i cittadini e le cittadine (il Parlamento europeo), una doppia “Camera degli Stati” (il Consiglio europeo e il Consiglio dei ministri dell’Ue) e la Commissione, che, seppur non ancora investita di tutti i poteri esecutivi, ne costituisce il “governo”. Esistono anche una Carta dei diritti, una Corte di Giustizia, una moneta unica e una procedura di approvazione delle leggi ispirata ai principi di democrazia.
L’Ue non minaccia le sovranità nazionali; al contrario, le tutela. Oggi nessun Paese europeo, preso singolarmente, è “sovrano”; è troppo piccolo per contare nelle dinamiche della globalizzazione. È l’Ue che tutela i nostri prodotti contro forme di concorrenza sleale, promuove politiche a difesa dell’ambiente e argina i colossi del web, ma l’Ue potrà incidere soltanto se politicamente unita. Sebbene la sua popolazione sia pari al 7% di quella mondiale, l’euro è ormai la seconda moneta internazionale e il mercato europeo il primo nel mondo.
Per il principio di sussidiarietà* l’Ue interviene dove i singoli Stati non possono agire con efficacia. Ne deriva che una maggiore integrazione europea non minaccia le identità e le sovranità nazionali.
L’euro non ha colpa della crisi.