Definire una memoria collettiva è essenziale, specialmente per l’impellente bisogno dell’Unione Europea di caratterizzarsi come area politica di valori comuni riconosciuti dalla grande maggioranza dei suoi cittadini e cittadine. Un acceso dibattito è scaturito dall’equiparazione fra regime nazista e comunista, ma la risoluzione ha anzitutto perso di vista l’essenza della “memoria europea”: il superamento della “sovranità assoluta”.
Oltre la “ragion di Stato”
Secondo il pensiero federalista, la sovranità assoluta degli Stati è la radice della guerra, perché la “ragion di Stato” li porta a estendere il proprio potere all’esterno. A prescindere dal regime politico che li regge, gli Stati-nazione mirano a mantenere la propria posizione di potere nel mondo e, non riconoscendo un’istituzione politica a essi superiore, hanno il potere di “farsi la guerra” per dirimere i loro contrasti.
Con il processo di unificazione europea, gli Stati del continente hanno iniziato a superare il concetto di sovranità assoluta, cedendone alcune quote alle istituzioni europee: ne deriva che i loro rapporti non sono più basati sulla violenza, bensì sul diritto.
Appare perciò grave il limite teorico della risoluzione di un Parlamento che nasce proprio dal superamento della sovranità assoluta degli Stati e non riconosce in esso il fondamento dell’Ue. Ciò rende debole la “memoria storica europea”, perché non evidenzia la discontinuità tra il “vecchio ordine” degli Stati europei, basato sulla politica di potenza, comune sia agli Stati democratici sia a quelli totalitari, e il “nuovo ordine”, basato sul diritto garantito da comuni istituzioni sovranazionali.
Molte critiche alla risoluzione hanno evidenziato le differenze valoriali tra nazismo e comunismo e i percorsi diversi delle due ideologie. Queste critiche, pur corrette, perdono di vista la vera “memoria storica” dell’Unione, che per il Parlamento sarebbe limitata al superamento di due regimi in egual modo oppressivi.
Valori comuni
Dalla rivoluzione industriale, i valori europei sono stati il risultato dell’azione di classi sociali intente a emanciparsi: prima, la grande borghesia manifatturiera, agraria e finanziaria, nella sua lotta contro l’assolutismo del sovrano, ha affermato il valore della libertà; la piccola e media borghesia hanno successivamente promosso il valore della democrazia; infine, il proletariato, volto alla costruzione dello Stato sociale, ha posto l’accento sulla giustizia sociale.
Pertanto esiste una continuità dei valori europei, frutto dell’Illuminismo ed espressi dalle ideologie liberale, democratica e socialista. La realizzazione di tali valori si è però scontrata con politiche volte a tutelare gli interessi specifici di ciascuna “classe” e a consolidare la struttura istituzionale che li garantiva. Il principio di libertà della Rivoluzione Francese, per “salvare la rivoluzione”, generò “il terrore” dentro la Francia e poi le guerre napoleoniche in Europa.
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