Mancano braccia: il rischio per gli agricoltori è perdere interi raccolti e per la popolazione pagare molto care frutta e verdura. A fine marzo, Codacons rilevava certi prezzi al dettaglio più che raddoppiati.
La carenza di manodopera migrante viene parzialmente compensata dall’introduzione del “voucher semplificato” per decine di migliaia di persone, tra cui studenti universitari, pensionati e cassaintegrati, che si sono registrate sulle piattaforme online di Coldiretti, Confagricoltura e Cia per far incontrare domanda e offerta di lavoro. Ma il lavoro esperto dei braccianti stranieri rimane indispensabile: alla riapertura delle frontiere, Coldiretti ne fa arrivare 124 con un volo charter dal Marocco e riconosce: «Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente ben integrata nel tessuto economico e sociale».
Ma subordinare al solo tornaconto nazionale la regolarizzazione di tanti stranieri che in Italia già lavorano in nero può essere molto riduttivo.
Una prospettiva più ampia
Il 22 aprile 2020 l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) presenta una proposta di regolarizzazione che non selezioni le persone migranti sulla base dei soli bisogni del mercato del lavoro italiano (agricoltura, pesca, assistenza domestica).
Per evitare il grave fenomeno del “traffico” dei contratti, tipico delle precedenti regolarizzazioni, la proposta mira a svincolare il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro. Sebbene fosse delineata la possibilità di far emergere il lavoro in nero, caldeggiava anzitutto il rilascio di un permesso per “ricerca di occupazione”, previsto dall’originario Testo Unico immigrazione, d.lgs. 286/98, e abrogato nel 2002 dalla legge Bossi-Fini. Il meccanismo non subordinava l’incontro tra domanda e offerta di lavoro al meccanismo del decreto flussi, che vincola un datore di lavoro a chiamare un lavoratore straniero solo se vive nel suo Paese. La sua abrogazione ha reso necessarie «periodiche regolarizzazioni/sanatorie per 1,8 milioni di persone straniere, cioè più del 50% dei cittadini non europei che vivono oggi regolarmente in Italia, il 60% dei quali ha un permesso di lunga durata».