La presenza comboniana in Portogallo è frutto della passione missionaria di José da Cruz Moreira Pinto, vescovo di Viseu, piccola e antica cittadina nel Nord del Paese: dal 1947 vi accoglie i missionari comboniani. Già nel 1955 le comboniane destinate al Mozambico, ospiti dei comboniani e delle suore del seminario, transitano da Viseu per apprendere il portoghese, ma la prima comunità sarà aperta soltanto nel 1964, a seguito dell’espulsione dal Sudan. Giulietta Corti, Albertina Modenese, Malvina Vallenari, Iselda Rossi e Teresina Minelli la inaugurano ufficialmente il 1° gennaio 1965 dentro il seminario comboniano di Viseu, dove sono responsabili della cucina, del guardaroba e della cappella. Altre suore sopravvissute alla violenta rivoluzione del Congo Belga arrivano nel 1965.
La finalità della presenza è chiara: imparare il portoghese, per le missionarie destinate a Mozambico e Brasile, e, per quelle che rimangono in Portogallo, aprire al mondo la Chiesa locale e accogliere giovani donne attratte dallo spirito comboniano.
La prima, Irene Maria Duarte Gonçalves, nell’agosto del 1965 parte per iniziare la formazione a Verona e nel 1968 è già in Mozambico.
Nel 1966 suor Carmela Franzese, reduce dal Congo, una volta imparata la lingua inizia l’animazione missionaria in una parrocchia della città e diffonde materiale informativo. Non si limita ad affiancare i missionari: con intraprendenza si avventura in altri paesi e città, coinvolgendo alcune giovani che si preparano a diventare comboniane. Il suo servizio, realizzato con mezzi poveri, si rivela particolarmente fecondo. Tante giovani si appassionano alla missione e nel 1968 viene aperta a Ranhados, periferia di Viseu, la comunità per accoglierle nel loro discernimento vocazionale: rimane operativa fino al 1977 e vede passare una settantina di ragazze, molte delle quali sono fra le attuali 53 missionarie comboniane portoghesi.
Il servizio ai comboniani nel seminario di Viseu termina nel 1978; nel 1973 le comboniane avevano raggiunto Oporto e nel 1975 Lisbona, dove la preparazione professionale e accademica può integrare quella linguistica. Nel 1987 nasce il piccolo periodico Evangelizar Hoje, che contribuisce a far conoscere le comboniane e la loro missione. Lo spirito di collaborazione come Famiglia Comboniana e Animag (Animazione missionaria degli istituti missionari ad gentes) cresce negli anni e nel 1990 le comboniane in Portogallo celebrano con gioia il 25° anniversario di presenza.
di Maria de Fátima Frade da Costa
Paese piccolo, orizzonti vasti
Lungo la costa dell’Oceano Atlantico si estende, per 561 chilometri, una striscia di terra della Penisola Iberica: è il Portogallo. Divenuto regno autonomo nel 1143, rimarrà tale fino al 1910. Il suo prestigio internazionale è dovuto alle esplorazioni che il suo popolo marinaro intraprese per secoli: dalle coste dell’Africa e dell’India fino alle Americhe. Tra il 1385 e il 1585, l’impero portoghese si estende dalla Cina al Brasile e Lisbona diventa un centro commerciale più importante di Genova e Venezia.
Nel 1580 il Portogallo viene annesso per 60 anni al Regno di Spagna e alterne vicende politiche ne determinano un progressivo declino. Nel 1815 il Brasile, pari al 90% dell’impero, ottiene l’indipendenza. La Repubblica del Portogallo, instaurata nel 1910, dovrà confrontarsi dopo la Seconda guerra mondiale con tragiche guerre d’indipendenza nelle sue colonie d’oltremare: nel 1961 perde i possedimenti indiani; nel 1974-75, l’Angola, la Guinea-Bissau e il Mozambico. La dittatura militare domina il Paese dal 1926 al 25 aprile 1974, giorno della “Rivoluzione dei garofani”.
D’un tratto senza più materie prime e tante altre risorse, il Portogallo vive una profonda crisi economica, aggravata dal rientro in massa dalle ex colonie di famiglie prive di beni e piene di mutilati di guerra. Dieci anni dopo, l’ingresso nell’Unione Europea imprimerà un nuovo slancio al Paese.
La casina dell’allegria
Io sono arrivata in Portogallo nel 1965. Nel 1964 ero rientrata dal Congo, salvata insieme ad altre 13 comboniane dalla violenza dei Simba che ci avevano recluso a Mungbere, nella foresta, con missionari e missionarie di origine belga, italiana e di altre nazionalità, incluse alcune famiglie di pastori protestanti. Eravamo 102 già destinati alla fucilazione, ma un ragazzo congolese è riuscito a guidare fin lì le truppe italiane e spagnole inviate a liberarci: la sparatoria è stata terribile. Ci hanno fatto salire su una colonna di camion con mitragliatrici su ogni lato: per ore abbiamo viaggiato in mezzo agli spari. Eravamo molto scosse, ma salve.
Al rientro in Italia siamo state ricevute da Paolo VI: eravamo 27 comboniane reduci dalla guerra in Congo. Io ero la più giovane e i giornalisti mi tempestavano di domande. Chiesi alla superiora generale di poter ripartire. Nel 1964 era stata aperta una comunità in Portogallo, così l’anno dopo raggiunsi Viseu dopo un viaggio in treno con Saveria Chiucchi. Noi suore lavoravamo nella cucina del seminario comboniano e avevamo già delle giovani interessate a conoscerci meglio. Suor Barbara MacDermott, consigliera generale, ritenne opportuno of-frire loro un inserimento più formativo. Così nel 1968 suor Francesca Di Marcantonio ed io ci trasferiamo con le ragazze a Ranhados, nella periferia di Viseu: una casa vecchia e piccola in mezzo a un grande appezzamento di terreno fertile.
Con l’aiuto delle giovani abbiamo sistemato alcuni locali per renderli più idonei alla sua nuova finalità; il deposito degli attrezzi è diventato una bella sala per incontri. Eravamo in 27 e per mantenerci abbiamo cominciato a coltivare la terra, allevare animali e confezionare abiti e maglieria. Tutte lavoravamo con entu-siasmo e la nostra casa, piena di fiori e armonia, era nota in paese come “la casina dell’allegria”. Le aspiranti missionarie, che nel contempo frequentavano a Viseu la scuola media del seminario, mi accompagnavano spesso a parlare della missione nelle parrocchie e nelle scuole, e a vedere la loro gioia tante altre si interessavano, venivano alla “casina dell’allegria” e ancora oggi... sono comboniane.
Suor Carmela Franzese