Diplomata infermiera a Londra nel 1953, insieme a Patrizia Clerici, Pierina Bodei e tanti “fagotti”, parte per l’Uganda: da poco era stato riaperto il Canale di Suez e la nave Europa, nuova di zecca, quasi ne sfiorava le sponde.
A Mombasa, dalla nave passa al treno: lento e lungo, con un codazzo di vagoni merci, procede sulla linea costruita nel 1901dagli inglesi con manodopera asiatica, per esportare cotone e caffè dal centro dell’Africa e portarvi le loro truppe.
Sei mesi di pratica in maternità a Kalongo, nell’ospedale avviato nel 1936 da suor Eletta Mantiero, chiamata dai locali “Ciuletta”. Poi inizia la maternità ad Aber, nella terra dei Lango. Poco dopo riparte per Dublino: serve assolutamente il diploma di ostetrica. Rientrata in Uganda, arriva a Kitgum nel 1955, per affiancare suor suor Maria Rosa Magri nella maternità e dar vita all’ospedale St. Joseph, ufficialmente inaugurato il 1° gennaio 1960, con presenza di un medico stanziale arrivato dall’Italia.
«Quell’ospedale è un po’ come mio figlio. Venni invitata per il 50° di fondazione, ma io ero già in Italia e non me la sentivo di spendere tanti soldi in un viaggio per farmi dire grazie. Scrissi a suor Liberata: “Tu sai a quante puerpere ho dato il sangue; non serve che venga, sono già con voi. Il mio sangue scorre nelle vene della gente”. Sì! Perché quando le donne perdevano tanto sangue durante il parto, io facevo un’essenziale prova di compatibilità accostando una goccia del mio sangue a una del loro. Se il gruppo sanguigno era compatibile, donavo il sangue. Lo facevo spesso: era l’unico modo di tenerle in vita. E le donne, dopo il parto, insegnavano a me la lingua acioli: le trattenevo in ospedale fintantoché non stessero bene, e la sera, a fine lavoro, da loro imparavo la lingua.
Il mio grande rammarico è stato vedere le ragazzine in età scolare venire all’ospedale per assistere la mamma partoriente o un familiare ammalato: una volta cresciute non sapevano né leggere né scrivere. Che pena! Con padre Angelo Romanò, attraverso i capi locali, facemmo appello al ministero dell’Istruzione perché pagasse almeno le insegnanti. E così crebbe la scuola femminile.
Nel 2016 ebbi l’opportunità di tornare in Uganda. Un sabato trovai un passaggio per Kitgum e la mattina della domenica entrai in chiesa per la messa. La gente cominciò ad additarmi: “Guardate suor Leutfrida; è diventata vecchia!”. Il celebrante mi invitò a salutare l’assemblea: “Mi conoscete?”, chiesi con tono scherzoso. Tutti cominciarono a ridere e a battere le mani. Al termine della celebrazione una bella signora mi avvicinò e mi abbracciò: “Finalmente posso vedere quella suora che ha iniziato l’ospedale!”. Io la guardai sorpresa e le chiesi chi fosse. “Sono Pamela, la direttrice sanitaria dell’ospedale”. Le ho dato un bacio doppio: che immensa gioia per me vedere una donna acioli di Kitgum sovrintendere all’ospedale che noi abbiamo iniziato!».