In Africa resta ancora basso il livello di diffusione della pandemia del coronavirus. Secondo dati ufficiali in 47 stati su 54 del continente si registrano 4.748 casi di contagio – di cui 1.292 solo in Sudafrica – con 174 decessi e 330 persone guarite. Ma non c’è da illudersi, dichiara Ellen Johnson Sirleaf, ex presidente della Liberia e premio Nobel della pace, che avverte: «È solo una questione di tempo. Il Covid-19 colpirà il continente, che è il meno preparato ad affrontarlo. Dobbiamo agire adesso per rallentarlo, rompere la catena di trasmissione».
Per alcuni misure strettissime
Già vari stati africani si sono mobilitati. Alcuni governi hanno adottato draconiane strategie di contenimento seguendo il modello della Cina e dei paesi occidentali. Come il Sudafrica che dal 27 marzo scorso ha imposto la chiusura totale delle attività economiche non essenziali per tre settimane e chiesto ai suoi cittadini di restare confinati nelle loro abitazioni.
In Nigeria, il paese più popoloso del continente con 121 casi positivi e 2 decessi, il presidente Muhammadu Buhari ha ordinato la chiusura totale della capitale federale Abuja e di Lagos, metropoli e capitale commerciale che conta oltre 20 milioni di abitanti. Il Kenya ha messo in atto altrettante misure stringenti per evitare l’espandersi del virus. Dal 27 marzo sono vietati assembramenti e cerimonie religiose, con il coprifuoco dalle 19 alle 5 di mattina.
Emmerson Mnangagwa, presidente dello Zimbabwe, nazione provata dalla siccità che ha lasciato circa la metà della popolazione del paese affamata e bisognosa di aiuti alimentari, ha imposto il blocco totale della nazione dal 30 marzo. Ha ordinato alla popolazione di restare chiusa in casa. Misure che suscitano la preoccupazione di milioni di persone costrette a rimanere a casa senza sapere come potranno sopravvivere per le prossime settimane.
In Uganda dove si sono registrati 33 casi di contagiati il governo ha attuato misure severe per impedire raggruppamenti di persone, fatto chiudere le scuole e bandito il trasporto pubblico. Il presidente Yoweri Museveni ha promesso di dare sussidi per l’acquisto di alimentari a persone che hanno perso il loro reddito dovuto alle nuove restrizioni.
In Botswana, con soli tre casi positivi al Covid-19, il president Mokgweetsi Masisi ha dichiarato lo stato di emergenza per 28 giorni a partire dal 31 marzo. Da giovedì 2 aprile sarà imposta la “chiusura estrema”, con la quale solo quanti devono provvedere servizi essenziali potranno uscire di casa. Il presidente ha affermato che il suo governo continuerà a garantire riserve di grano e carburante e a fornire acqua e attrezzature mediche durante l’emergenza.
I rischi della precauzione
Mentre in Cina e nei paesi ricchi dell’Occidente l’applicazione di misure come il blocco di attività economiche non essenziali e il confinamento della popolazione nelle loro abitazioni sta avendo incoraggianti segni di riduzione del livello di propagazione del Covid-19, in Africa le stesse misure rischiano di essere controproducenti e pericolose.
C’è il rischio, ad esempio, che la proibizione alla gente nelle baraccopoli e negli insediamenti informali delle metropoli africane di uscire di casa per andare al lavoro o recarsi ai mercati della città per approvvigionamento di alimentari, non solo non riuscirà ad eliminare il rischio del contagio di quanti vivono in abitazioni troppo piccole per permettere distanze di sicurezza, ma anche di esacerbare il tasso di malnutrizione e aumentare il rischio di altre malattie.
Anche per queste ragioni il presidente del Benin, Patrice Talon, non sospende le attività economiche e non impone restrizioni diffuse. E incalza gli altri paesi: “Come possiamo, con la maggior parte dei nostri connazionali che mangiano grazie ai guadagni del giorno precedente, decretare senza preavviso una messa in isolamento generale a lungo termine?“
Ci sarebbe bisogno di approcci su misura piuttosto che uniformi strategie per affrontare la pandemia. Intanto, misure di contenimento più limitate come vietare grandi raduni a matrimoni e funerali; persuadere i leader religiosi a rimandare le celebrazioni; chiudere sale video e bar, ed educare le persone a mantenere distanze di sicurezza mentre sono in fila, sono ovvi primi passi per ridurre la trasmissione del virus.