Avete mai sentito parlare degli uiguri?
Si tratta di una minoranza di religione musulmana che parla una lingua di origine turca e vive principalmente nella regione dello Xinjiang, nel nord ovest della Cina.
Dagli anni ’90, con la disgregazione dell’Unione Sovietica prima e poi con il crollo delle Torri Gemelle nel 2001, il governo di Pechino ha intensificato la repressione di questa minoranza giustificandola come una lotta al terrorismo. Ciò che non si sapeva, è che lo Xinjiang è uno dei luoghi più sorvegliati al mondo e i suoi abitanti vengono sottoposti a controlli quotidiani, a procedure di riconoscimento facciale, a intercettazioni telefoniche di massa e a prigionia in campi di lavoro o nelle carceri.
Dal 2017 sono iniziate a trapelare notizie all’estero, ma solo il 18 novembre 2019 il New York Times pubblicò oltre 400 pagine di documenti riservati che provavano le violenze del governo contro questa minoranza e l’esistenza di campi definiti “di trasformazione attraverso l’educazione”. In questi campi, gli uiguri vengono rinchiusi senza un giusto processo, vengono costretti a cantare canti patriottici cinesi e vengono impartite loro lezioni su come rinunciare al radicalismo islamico e all’indipendentismo uiguro, oltre ad essere sottoposti ai lavori forzati e forme di tortura. L’obiettivo finale di tutto questo è di cancellarne l’identità come popolo.
Un crimine assoluto, che ancora una volta è dilagato e tuttora dilaga facendosi scudo con il corpo delle donne.
Il campanello d’allarme è stato il calo drastico e senza precedenti, della popolazione uigura. A questo segnale ha dato seguito un'inchiesta di Associated Press che ha raccontato come le donne uigure vengano rese sterili contro la loro volontà: sia temporaneamente, con l’inserzione forzata di una spirale o tramite somministrazione di pillole contraccettive; che definitivamente, con operazioni chirurgiche.
Secondo il report, le donne vengono tenute sotto controllo e sottoposte a visite ginecologiche obbligatorie e a test di gravidanza per assicurarsi che non superino il numero di figli consentito dalla legge ed eventuali gravidanze vengono interrotte senza considerare la loro volontà o quella del compagno.
La verità è che, "imporre misure con lo scopo di prevenire nascite" all’interno di un gruppo etnico è una forma di genocidio prevista dalla Convenzione per la prevenzione e punizione del crimine di genocidio del 1948. È in atto una cancellazione sistematica dell’identità uigura e, da che mondo è mondo, i corpi delle donne diventano il primo luogo di repressione e mezzo di controllo.
In questo frangente in cui un “genocidio” passa attraverso il corpo delle donne, ci rendiamo conto che la patirà e l’uguaglianza di diritti sono ’ideali ancora lontani.
Anche il 2030 è ancora lontano, ma grandi obiettivi ci aspettano per quella data. Uno tra tutti: fermare la violenza sulle donne!
A questo proposito, ricordiamo una buona iniziativa: Spotlight Initiative. È un programma dell'Unione Europea assieme alle Nazioni Unite, che ogni anno stanzia dei fondi per attivare progetti in diverse parti del mondo con un unico obiettivo: eliminare una delle violazioni dei diritti umani più diffusa nel mondo.
Allora ci auguriamo che, presto, una della zone interessate dal progetto possa essere regione cinese dello Xinjiang, e che anche questo genocidio coatto possa essere una triste pagina del passato, da non dimenticare mai.