Il materiale biblico e liturgico donato dalle monache di Grandchamp (Svizzera) sul tema “Rimanete nel mio amore: porterete molto frutto (Gv 15,5-9)” ha nutrito nei mesi scorsi riflessioni personali e comunitarie confluite nell’itinerario ecumenico Dalla “Settimana di preghiera” a Pentecoste ospitato sul sito del Sae. Si è fatto ricorso allo streaming per avviare il percorso con un commento sul tema della Spuc: lo hanno offerto la pastora battista Cristina Arcidiacono e il parroco ortodosso padre Ionut Radu. Altri commenti sono stati divulgati attraverso il sito.
Da Gesù ebreo...
Nel suo commento al quarto giorno delle letture bibliche della Spuc, il gruppo locale di Verona, segnalando le ascendenze del Padre Nostro nelle preghiere della Sinagoga, ha affermato che «la preghiera cristiana per eccellenza ha le sue radici nella fede ebraica e non poteva essere diversamente, dato che l’ebreo Gesù non poteva che attingere alla fede del popolo al quale apparteneva».
Nel Vangelo di Giovanni, la preghiera di Gesù per l’unità contenuta nel capitolo 17 parte dal nucleo di quelli che il Maestro ha chiamato «amici» e si estende a favore di chiunque crederà per la loro parola, in un’estensione sia spaziale – ebrei e gentili –, sia temporale: ogni creatura umana fino alla fine del mondo. Chi è stato destinatario dell’annuncio evangelico è a sua volta chiamato a restituire quanto ha ricevuto. Impariamo questa catena di trasmissione attraverso lo stesso popolo ebraico che a Pesach (Pasqua) celebra il memoriale della liberazione dall’Egitto, di generazione in generazione, nel rito del Seder nel quale rinnova per le figlie e i figli la narrazione – Haggadah – delle meraviglie compiute da Adonai.