Da alcuni anni portiamo avanti un’esperienza comunitaria che ci pare possa esprimere lo stile della sinodalità. Innanzitutto per le sue origini. È nata in un momento particolare della vita della nostra parrocchia, quando, a causa della frequenza discontinua, furono interrotti gli incontri settimanali sulle letture della domenica in cui avevamo sperimentato qualche stimolo e qualche spunto legato al nostro vivere quotidiano. Dopo anni di cammino condiviso alla scuola della Parola, quegli incontri cominciarono a mancare e si ebbe la creatività e la forza di mettersi in moto.
Nacque così un gruppetto che sapeva ciò che desiderava, ma non come dare risposta al desiderio. Provò e, pur senza piste chiare, decise di “autoconvocarsi”, non tanto come gesto di ribellione o di polemica, ma perché aveva la consapevolezza di poter (e di dover) agire, in quanto questa era la sola risposta responsabile e adulta dinanzi alla “mancanza” che viveva. Nacque così il gruppo Gala (Gruppo di Adulti Laici Autoconvocati), facendo forse allusione alle serate che avremmo trascorso insieme. Quelle serate (lo sappiamo solo oggi) sarebbero state l’inizio di un cammino importante e significativo per ciascuno e ciascuna di noi.
Prima timidamente con il passaparola, poi dicendolo anche la domenica in chiesa, l’incontro è iniziato una volta al mese: il cammino per esserci era già importante; era una testimonianza reciproca.
Per quanto significative, le prime letture condivise (qualche testo di catechesi per adulti o qualche libro di approfondimento della fede) non avevano aperto particolari orizzonti. In un momento di stallo il gruppo incontrò una teologa che seppe imprimere una svolta. Intanto diede fiducia al gruppo, «Ce ne fossero di gruppi come questi nella Chiesa», e lo indirizzò direttamente alla lettura e al confronto con la Parola, alla “fonte” che avrebbe lasciato sgorgare la “comunità” potenziale che eravamo. Come magi con la stella, abbiamo ripreso il cammino e in circa sette anni abbiamo letto per intero e in successione gli Atti degli Apostoli, la Lettera di Giacomo, il libro di Giobbe e per ultimo, appena concluso, il Vangelo di Marco.
Il metodo è semplice: si legge un capitolo e poi ci si sofferma in silenzio a lasciar risuonare dentro di sé la Parola. Poi chiunque, quando e se vuole, esprime a voce alta pensieri, riflessioni, sentimenti, osservazioni, spunti ed esperienze di vita richiamate da quel testo. Gli altri ascoltano e dentro di loro la Parola risuona arricchita da quelle parole che vengono dal profondo e che mettono in “comunione” con il cuore e la mente altrui. Non si discute, semmai ci si “aggancia” e si continua sempre in chiave personale e riflessiva, costruendo uno spazio in cui quella Parola a poco a poco va sviluppandosi insieme ai compagni e compagne di strada.
Di seguito riportiamo alcune espressioni di coloro che partecipano a questa esperienza.
«Apprezzo la libertà di stare in silenzio, senza imbarazzi, anzi, gustando il silenzio stesso come possibilità di vivere quei momenti di sosta e di riflessione che magari nel quotidiano non ci regaliamo, tutti presi dal fare. Apprezzo anche la libertà di poter esprimere perplessità, dubbi, incertezze che la lettura della Parola mi suscita. Diceva il cardinal Martini che la vera distinzione non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti. In questo gruppo, in cui nessuno mi chiede alcuna professione di fede, mi sento a mio agio e mi arricchisco grazie alla fede altrui ma soprattutto grazie alla ricchezza di umanità che respiro».
«Un punto fondamentale è stato il senso di libertà interiore che è cresciuto e si è consolidato grazie allo scambio reciproco: avere la Parola fra le mani, sentirla vitale, nutrirsi di lei. Ognuno, ognuna, esprime ciò che la Parola fa risuonare dentro di sé e lo condivide con un crescente desiderio di farlo. L’atteggiamento di ascolto, cioè accogliere nel modo più rispettoso e genuino il pensiero altrui, ha fatto sì che ciò fosse possibile: tutto era/è ortodosso o eterodosso, non ci sono mai state “correzioni” da fare. E ogni volta la sorpresa di sperimentare quello che la Parola può suscitare in ciascuno e ciascuna è forse la cosa più preziosa di questo cammino, che si è fatto e si fa facendo senza uno schema ma con una direzione precisa».
«Nel gruppo sono arrivata più tardi, ma non è stato difficile inserirmi perché negli incontri ho sempre respirato accoglienza, ascolto e rispetto. Questo mi ha fatto sentire bene e sono stata fin da subito a mio agio».
Si è trattato proprio di una strada condivisa e di una messa in comune, proprio come vuole il sottotitolo del documento preparatorio del Sinodo. I legami che si sono creati fra noi non sono sempre riferiti a sintonia, a comunanza di idee, a simpatia umana, ma sono legami forti perché sgorgati attorno alla Parola e nell’autentico e profondo rapporto costruito incontro dopo incontro, capitolo per capitolo.
È così che il nostro gruppo ha vissuto uno dei testi fondanti, da cui per caso eravamo partiti: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42).