In questi giorni, da Washington, negli Usa, a Bangui, nella Repubblica centrafricana, la violenza insanguina l’esito delle elezioni politiche: la competizione e i conflitti d’interesse raramente trovano soluzioni “amicali” che antepongano il “bene comune” al tornaconto di parte.
In Centrafrica il risultato delle elezioni del 27 dicembre è ancora contestato da scontri tra milizie, mentre negli Usa il presidente uscente, Donald Trump, il 6 gennaio a Washington rifiuta di ammettere sconfitta e aizza i suoi sostenitori a proteste violente. L’invasione del Congresso, scempio mai visto prima nella storia delle istituzioni americane, è costato la vita a quattro persone.
Tragico inizio per il 2021?
Di ben altro tono, però, la notizia che giunge dalla Val dei Mocheni, in Italia.
Il 29 dicembre il territorio assiste a un efferato omicidio: Agitu Gudeta, profuga etiope in Trentino divenuta imprenditrice e “maestra di cura ecologica”, viene uccisa a martellate e stuprata dall'uomo del Ghana che aveva assunto come guardiano. Ma il suo stile di cura non viene meno: lo continua una giovanissima donna del luogo: Beatrice Zott.
Le due donne si conoscevano da anni, e Beatrice ammirava l’originalità della donna venuta dall'Africa. Stima reciproca, che oggi diventa “servizio di cura” alle capre che Agitu chiamava per nome, una per una. In attesa che i suoi familiari, giunti dall’Etiopia, diano disposizioni sul futuro dell'azienda, le 82 capre sono ancora “felici” e in buone mani. Tante di loro sono gravide e i parti, mai facili da gestire, potranno accavallarsi negli stessi giorni. Beatrice, però, non teme: sarà aiutata da allevatori e veterinari della valle.
Questa solidarietà di cura è un buon auspicio. Ne offre esempio una giovane “pastora”, che al proprio tornaconto personale antepone il bene degli animali e del territorio.
Bene comune.
Grazie, Beatrice!