In Sud Sudan è proprio di riconciliazione e di pace che la gente ha bisogno.
Il Paese è nato il 9 luglio 2011, dopo il referendum che ne ha sancito la separazione dal Sudan e dal governo di Khartoum, con il quale gran parte della popolazione era stata in conflitto dal 1955.
Dal 15 dicembre del 2013, essa vive nuovamente lo stress di conflitti più o meno diffusi che causano immani sofferenze. Oltre alla perdita delle persone care, la popolazione non dispone più neppure dei pochi beni che aveva, e milioni di persone hanno dovuto trovare rifugio lontano dai loro villaggi, spesso anche all’estero.
Qui in Sud Sudan la riconciliazione è un desiderio profondo ma resta una sfida immane, perché si scontra con la mentalità dominante che invoca vendetta.
È necessaria tanta forza d’animo e tanto incoraggiamento per avviare un cambiamento che promuova quella mitezza capace di non rispondere alla violenza con violenza.
Papa Francesco è l’icona di questo cambiamento: la gente lo riconosce come l’unico leader degno di questo nome, l’unico che può parlare ai loro leader locali con autorità, quella della sua mitezza e franchezza. È anche l’unico che possa donare la forza del perdono e portare una parola di speranza nel caos politico, economico e sociale che il Paese sta vivendo. Questo è ciò che pensano non solo le comunità cristiane, ma anche le altre.
Papa Bergoglio ha voluto venire assieme al primate della Chiesa anglicana, Justin Welby, e al moderatore dell’assemblea generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields.
È un pellegrinaggio ecumenico di riconciliazione e di pace, i cui momenti principali saranno celebrati assieme proprio per sottolineare la necessità di un cammino comune, nella vita e nella fede, per superare divergenze che in passato hanno causato grandi sofferenze.
Qui a Juba stiamo vivendo giorni di preparazione particolarmente impegnativi, ma ringraziamo Dio per questa visita che inizia il 3 febbraio: è opportunità di riflettere su quello che succede in Sud Sudan e di avviare quel cambiamento profondo e atteso, affinché la pace non sia solo un desiderio per cui pregare, ma anche un dono per cui ringraziare.
Suor Maria Martinelli, Juba
Referente delle Suore missionarie comboniane in Sud Sudan