A mio avviso la speranza di arginare il cambiamento climatico non origina tanto dall’Accordo di Parigi quanto dalla mobilitazione dell’economia verso scelte sostenibili. È circa l’1% della popolazione che opera scelte orientate al bene comune: il resto mira a un tornaconto immediato e oggi le aziende hanno compreso che attività in armonia con il territorio generano anche migliori servizi e qualità della vita, ovvero produzioni sostenibili generano anche maggiori profitti.
Pertanto l’economia, responsabile dell’eccesso di emissioni di CO2, si sta convertendo a un modulo nuovo, non tanto per salvare il mondo quanto perché conviene economicamente.
Giovani e clima
Le giovani generazioni rivendicano una condotta responsabile da parte dei governi ma, a mio avviso, la vera risposta sta nel cambiamento dello stile di vita individuale. Il sistema Terra ci chiede di diventare liberi da quel superfluo che danneggia la nostra esistenza quotidiana e anche il pianeta: una libertà dagli idoli del consumismo.
Sono convinto che a partire da me tutto può cambiare. Il cambiamento individuale non è irrilevante: la somma di tante piccole scelte di sobrietà, che garantiscono anzitutto benessere a chi le compie, protegge anche la Terra dal degrado. Ciò, a mio avviso, costituisce l’unica strada per evitare di oltrepassare quella soglia al di là della quale il degrado ambientale diventa irreversibile.
Uso sostenibile delle terre
Rigenerare il terreno in Asia e Africa ridurrebbe del 30% la presenza di CO2 nell’atmosfera, che viene assorbita dal suolo arricchito di sostanza organica.
In questi continenti la principale operatrice della terra e del gesto quotidiano è la donna. Se essa si impegna seriamente, l’eccesso di CO2 può essere ridotto. Quando le stagioni impazzite affamano le popolazioni rurali, l’uomo emigra per sostenere la famiglia, ma la donna, vera conoscitrice della terra, rimane. In Asia e America Latina chi gestisce il rapporto quotidiano con la terra, i suoi frutti spontanei, le sue piante medicinali è, seppur forse inconsapevolmente, la donna.
Wangari Maathai ha iniziato la sua campagna a difesa del clima invitando le donne del Kenya, proprio loro, a piantare alberi.
Se messe in condizione di decidere, il contributo delle donne diventa di grande valore, in particolare per la rigenerazione dei terreni. Se l’investimento pubblico e privato si orientasse verso questo tipo di intervento, promosso peraltro dalla ricerca universitaria e da Slow Food, in Africa si avrebbero orti che, mentre restituiscono a chi coltiva il controllo sulla propria terra, assorbirebbero anche carbonio in eccesso nell’atmosfera.