Il continente africano è un mosaico di risorse naturali: immense foreste pluviali, come quelle del bacino del Congo, vasti bacini idrici, con il Lago Vittoria secondo al mondo per ampiezza, ingenti giacimenti minerari e una ricchissima biodiversità. Le condizioni climatiche e l’irraggiamento solare alimentano una molteplicità di ecosistemi che includono coltivazioni indigene, fauna selvatica, animali d’allevamento e un variegato patrimonio ittico.
Il problema
Il degrado che devasta l’ambiente, avvelenando l’aria e inquinando fiumi, laghi e oceani, mette a rischio la ricchezza ecologica enunciata dall’Agenda 2063 dell’Unione Africana (Ua): per raggiungere uno sviluppo inclusivo e sostenibile, l’obiettivo n. 7 auspica «economie e comunità ecologicamente sostenibili e resilienti al cambiamento climatico», ma le risorse naturali indispensabili alla vita, dal cibo all’acqua, dal legname al foraggio, sono sempre più scarse.
Le sue cause
In Africa, la distruzione degli ecosistemi può essere ricondotta a una molteplicità di fattori: la pressione demografica, la deforestazione, la crescita della classe media che incentiva i consumi e la circolazione di veicoli privati con aumento dell’inquinamento atmosferico, soprattutto nelle città. Ma anche l’ineguale accesso a terra e a risorse finanziarie, come pure a un’educazione di qualità, contribuiscono alla crisi ecologica che già si registra da alcuni decenni ed è acuita da una disastrosa gestione dei rifiuti, sia locali che “importati” da altri continenti. Le soluzioni politiche dovranno dare attenzione alle modalità di produzione e di consumo: ci sono già iniziative in corso da parte dei governi, delle organizzazioni non governative e del settore privato, a livello tanto nazionale come continentale, sebbene le priorità dei governi siano costituite anzitutto da politiche volte a eliminare la fame e la povertà: pace e sviluppo, infatti, esigono che sia garantita in prima istanza la sicurezza alimentare, resa sempre più precaria dalla crisi climatica.
Zone ad alto rischio
Le regioni aride e semiaride, insieme a quelle costiere, sono le più vulnerabili: qui la siccità da una parte e le inondazioni dall’altra mettono a rischio la sopravvivenza delle fasce più povere della popolazione. Gli eventi meteorologici estremi sono sempre più frequenti e devastanti: causano carestie, mancanza di acqua potabile e conseguenti crisi sanitarie. Le zone di altopiano beneficiano di un clima più temperato, ma non sono risparmiate da frane e smottamenti che distruggono le abitazioni e uccidono le persone. Anche le immense discariche che crescono nelle periferie urbane costituiscono zone ad alto rischio di inquinamento, perché in Africa la raccolta differenziata non è ancora praticata.
In cerca di soluzioni
La crisi ambientale non è esclusiva dell’Africa: tutto è connesso, e a livello globale la “Sfida di Bonn”, promossa dal governo tedesco, si impegna a ripristinare entro il 2030 ben 350 milioni di ettari di terreno. Entro tale quadro si articola l’African Forest Landscape Restoration Initiative, nota come Afr100 (figura 1), lanciata nel dicembre 2015 durante Cop21, e in fase di realizzazione dal 2019; entro quella stessa data mira a risanare 100 milioni di ettari in Africa. 28 Paesi su 54 hanno già individuato i propri bisogni e sviluppato i relativi programmi di forestazione e recupero del paesaggio.