La mia attrazione per le piante risale alla prima infanzia: giocavo a preparare macerazioni di alcune foglie del giardino di casa, con la consapevolezza che, in qualche modo, fossero curative. Non saprei dire da dove venisse quella convinzione, né quali fossero le piante “sacrificate”, però prima di staccarne le foglie ricordo che parlavo loro per spiegare come le avrei utilizzate.
Durante il fine settimana chiedevo sempre a mio padre di portarci nel bosco, nelle Valli del Natisone, in provincia di Udine, la mia città. Mio fratello ed io eravamo piccoli, quindi per intrattenerci i nostri genitori proponevano di raccogliere castagne o funghi, ma a me bastava stare nel bosco e mi sentivo piena di meraviglia e di gioia. In età adulta il mio rapporto con le piante si è sviluppato seguendo due filoni diversi, di cui ho poi fatto una sintesi.
Da un lato gli oli essenziali, scoperti attraverso alcune letture sulle comunità essene che pare praticassero protocolli di cura con il supporto di queste fragranze: i miei primi amori sono stati l’incenso e il nardo. Ho approfondito l’argomento con un master sull’aromaterapia e ampliato ulteriormente le mie conoscenze iscrivendomi a una scuola di naturopatia a indirizzo fitoterapico.
Dall’altro lato il sentiero del bosco: per anni ho accompagnato le persone a meditare nelle foreste, in ascolto dei propri sensi, per riconnettersi a quella natura che era stata così benefica per me. Solo più tardi ho scoperto l’esistenza della terapia forestale e della prima stazione di terapia forestale in Italia, proprio nelle “mie” Valli del Natisone. Lì ho avuto l’onore di contribuire alla qualificazione del primo sentiero in Italia per questo tipo di attività: ho scelto quello delle cascate di Kot, a San Leonardo, scoperto per caso durante una gita con i miei figli. Sono molto grata della collaborazione con il dottor Mario Canciani e con Maurizio Droli, dell’Università di Udine, che mi hanno lanciata nella ricerca. Nel 2018 abbiamo vinto insieme il Premio Innovazione dell’Ordine degli psicologi del Veneto con il progetto “Respira la foresta! Mindfulness (consapevolezza) in forestoterapia con soggetti asmatici”.
Nella primavera del 2020, con la collega Marta Regina abbiamo sviluppato un protocollo di accompagnamento per la “terapia forestale” e il “bagno di bosco”, Forestfulness, che abbiamo utilizzato in un progetto di ricerca con il Club alpino italiano (Cai) e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Abbiamo accolto con gioia questa collaborazione, per dimostrare che la consapevolezza è l’elemento chiave per rendere davvero efficace la terapia forestale. Questa pratica offre benefici psicofisici notevoli, anche grazie alla presenza dei composti volatili (B-voc) emessi dalle piante e dal suolo in specifici ambienti boschivi. Integrare nell’accompagnamento le nostre competenze professionali è risultato particolarmente efficace: i risultati, pubblicati nel libro Terapia Forestale pubblicato dal Cnr nel mese di dicembre 2020, risultano spesso superiori a quelli già presenti in letteratura.
Attualmente stiamo costituendo un gruppo multidisciplinare, Forestfulness Group, per dare continuità al nostro lavoro: solo collaborando con persone orientate alla condivisione e intente a conoscere con rispetto possiamo rendere grazia alla natura, maestra di reciprocità, solidarietà e connessione con qualcosa che è più grande di noi e che ci appartiene da sempre: la «biofilia», ovvero l’amore per la vita.
Sara Nardini
Psicoterapeuta
esperta di aromaterapia e meditazione
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