Durante il “Tempo del Creato” le confessioni cristiane invitano a pregare e a prendersi cura della creazione. Dal 1999 lo si celebra ogni anno dal 1° settembre al 4 ottobre, con lo scopo di essere “insieme” custodi della Terra, perché a essa è connesso il benessere umano. Dal 2015 anche la Chiesa cattolica vi partecipa attivamente. Quest’anno l’invito è ad ascoltare la voce di tutto il creato e ad agire in fretta.
IL GRIDO DELLA SCIENZA
Il 28 febbraio 2022 il secondo Gruppo di lavoro dell’Ipcc ha pubblicato il volume Cambiamento climatico 2022. Impatti, adattamento e vulnerabilità. Attento a ecosistemi, società, infrastrutture, settori produttivi, culture, città e insediamenti, il rapporto analizza gli impatti dei cambiamenti climatici su scala globale e regionale, perché ogni persona, in particolare se ha responsabilità politica, deve essere consapevole che il cambiamento climatico è causato dall’uso massiccio dei combustibili fossili. Per questo lo studio, sulla base di differenti scenari, valuta vulnerabilità e rischi futuri, le opzioni di adattamento e la loro efficacia e fattibilità. Con chiarezza indica che il successo dell’adattamento è strettamente legato alla mitigazione del riscaldamento.
Il volume, insieme a quelli pubblicati dagli altri due gruppi di scienziati dell’Ipcc, confluisce nel 6° Rapporto di valutazione, atteso entro ottobre per la Conferenza Onu sul clima (Cop27) in programma dal 6 al 18 novembre 2022 in Egitto.
EVIDENZE INCONFUTABILI
L’aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni sta già superando le soglie di tolleranza di piante e animali, causando mortalità di massa in alcune specie. Gli eventi meteorologici estremi si stanno verificando simultaneamente, causando impatti a cascata che sono sempre più difficili da gestire ed espongono milioni di persone a grave insicurezza alimentare e idrica, soprattutto in Africa, Asia, America centrale e meridionale, nelle piccole isole e nell’Artico.
Per evitare una crescente perdita di vite umane, biodiversità e infrastrutture, è necessaria un’azione ambiziosa che riduca rapidamente e drasticamente le emissioni di gas serra.
La crescente siccità provoca desertificazione, degrado del territorio e fragilità degli ecosistemi, causando anche instabilità sociale, specialmente nelle comunità rurali. In Africa, dal 1961 la produzione agricola si è ridotta del 34% e la migrazione regionale indotta dal clima è aumentata di 2,6 milioni nel 2018 e di 3,4 milioni nel 2019. In America del Sud la foresta amazzonica, già distrutta dallo sfruttamento intensivo delle multinazionali, ha sofferto una drastica perdita di biodiversità per la siccità e le alte temperature registrate nel 2015-16.
QUALI OPZIONI?
In Europa le ondate di calore incalzano e alterano gli ecosistemi terrestri e marini; l’adattamento allo stress termico implica modifiche a edifici e spazi urbani soprattutto nell’Europa meridionale, dove la combinazione di caldo e siccità già causa grosse perdite in agricoltura. La produzione di energia, l’industria, l’acqua per uso domestico, i boschi, i fiumi e i laghi sono altri ambiti gravemente alterati dalla siccità.
Alcuni interventi, proposti come risolutivi, la riducono nel breve termine ma producono effetti negativi su altri ambiti o nel lungo termine: sono “maladattamento”. La desalinizzazione, per esempio, aumenta la disponibilità di acqua dolce per agricoltura e uso domestico, ma è estremamente energivora. Anche la tecnologia per catturare e stoccare il carbonio, volta a “sequestrare” la CO2 emessa da grandi impianti e iniettarla in depositi sotterranei, rimane controversa e poco sostenibile.
SFIDA GLOBALE, SOLUZIONI LOCALI
I fenomeni climatici sono in continua evoluzione e le conoscenze scientifiche, per quanto possibile complete e aggiornate, diventano essenziali per impostare piani di resilienza a livello nazionale e regionale. Tra questi vi è la riforestazione: le foreste, infatti, aiutano a regolare il flusso dell’acqua e le risorse idriche. Altre soluzioni riguardano un’agricoltura basata su specie che richiedano meno acqua. È probabile che la siccità aumenti a breve in gran parte dell’Africa, in Australia, nell’Europa meridionale, negli Stati Uniti meridionali e occidentali, nell’America centrale e in parti di quella meridionale, nei Caraibi e nella Cina nordoccidentale.
La sfida è globale ma richiede soluzioni locali, appropriate ai diversi contesti, che saranno più efficaci se abbineranno le competenze scientifico-tecnologiche a quelle indigene del luogo.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ha stravolto le priorità internazionali e innescato in Europa una drammatica crisi energetica, che avrebbe potuto accelerare le energie pulite.
Occasione perduta?