Martedì, 27 Dicembre 2016 18:15

Tempo di cambiare... e tocca a noi!

La creazione geme, distrutta da uno sfruttamento insensato. Mentre le istituzioni internazionali fanno proclami e i governi negoziano accordi, il grido della creazione esplode negli eventi climatici estremi. Non è possibile ignorarlo. È urgente cambiare il rapporto dell’umanità con la creazione, di cui essa stessa è parte. E siamo noi la grande speranza del cambiamento, se ci impegniamo a viverlo insieme. Questa rubrica, affidata nel 2017 a Adriano Sella, propone un cambiamento possibile. Ci invita a raccogliere, con coraggio, la sfida educativa e culturale che il grido della creazione ci lancia

Il grido ha una forza enorme, perché induce la persona che lo sente a fermarsi, per ascoltare e per capire la sofferenza che lo genera. Il grido della terra e dei poveri è sempre più forte, perché l’impatto ambientale dell’azione umana è davvero preoccupante, come pure l’impatto umano. Milioni di poveri sono costretti a migrare per cercare un futuro dignitoso.

Un vescovo dell’Amazzonia, José Foralosso, inizialmente poco attento ai problemi sociali, fu convertito dal grido dei poveri. Accadde durante una visita pastorale alle comunità cristiane sparse sul territorio della sua diocesi, dove incontrò molte famiglie di contadini disperate. Lo Stato progettava di farle sgomberare, lasciandole senza un pezzo di terra per vivere. Quelle famiglie si rivolsero al vescovo, supplicandolo di fare qualcosa. Le lacrime di dolore di uomini e donne, di mamme e papà, toccarono profondamente il cuore del vescovo.
Terminata la visita pastorale, José Foralosso partecipò all’assemblea dei vescovi dell’Amazzonia. In quell’occasione, ancora scosso dal grido che aveva udito, raccontò ad alcune persone come si fosse sentito coinvolto, cambiato e spinto a fare qualcosa. Così ne fece l’oggetto della preghiera iniziale dell’assemblea e suscitò la solidarietà dei confratelli. I quali, subito dopo, formarono una commissione con l’intento di rivolgersi al governatore dello Stato, per invitarlo a non realizzare gli sgomberi programmati. Alla fine, quel grido riuscì a cambiare l’agenda del governatore, che sospese gli sgomberi e garantì ai vescovi che le famiglie avevano il diritto di continuare a vivere sulla terra che coltivavano da anni. Tutta l’assemblea dei vescovi, attraversata da quel grido, divenne azione a difesa degli ultimi.

Sanare la percezione

Considerare la terra un oggetto da sfruttare per fare profitto alimenta l’inquinamento e permette a chi sfrutta di usurpare i beni naturali. Percepire la terra come “madre terra” (visione indigena), oppure “gaia” (visione laica), oppure “un grande dono del creato” (visione cristiana), rende invece difficile sfruttarla e inquinarla.
Se i poveri vengono visti come una minaccia (per esempio gli immigrati che arrivano in Italia spinti dalla miseria, dalle guerre e dai cambiamenti climatici), si alzano muri per respingerli, ma se vengono percepiti come una risorsa o una grande opportunità, allora diventa spontaneo accoglierli. Non per assistenzialismo o per puro buonismo, ma per giustizia. Perché il nostro stile di vita sta distruggendo la creazione, e noi, umanità, che ne siamo parte.
Papa Francesco lo afferma nell’enciclica Laudato si’: «Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale» (114); «Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa» (209); «È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita» (211).

Educarci a nuove abitudini

Per almeno ventuno volte l’enciclica dichiara che il nostro stile di vita è insostenibile. E sono almeno trentacinque le richieste esplicite di cambiamento. Servono nuove pratiche, stili di vita alternativi, nuovi atteggiamenti, nuove abitudini. Il cambiamento può avvenire anzitutto raccogliendo la sfida educativa, che si articola in:

Educare più che formare. Educare viene dal verbo latino educere, che significa “tirare fuori”. Recupera la filosofia di Socrate, in cui l’educazione parte dal bene che c’è in una persona, aiutandola a tirarlo fuori. L’enciclica Laudato si’ valorizza questo metodo educativo perché sottolinea che nel Creato c’è il primato del bene e del buono. Ossia, tutto all’origine è stato fatto bene, quindi in ogni creatura c’è tanto bene, soprattutto nelle creature umane. Papa Francesco parla di «immensa dignità di ogni persona umana» (65) e dichiara: «Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua a incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. A ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle» (205). Anche nello sport si fa leva sui talenti e doni che la persona possiede, aiutandola a valorizzarli e svilupparli in pienezza.

Educare a partire dal quotidiano. Non si tratta di fare cose straordinarie, bensì di impegnarsi nell’ordinario che è il nostro quotidiano. Dal mattino fino alla sera possiamo incontrare tante opportunità per cambiare. Sono proprio le nostre azioni giornalieri che sono preoccupanti e vanno cambiate. Un cambiamento a “km zero”, perché bastano pochi metri dal momento che ci alziamo al mattino per incontrare l’occasione di cambiare. Nel lavarci possiamo usare bene l’acqua, fonte di vita, senza sprecarla e inquinarla. A colazione possiamo scegliere prodotti solidali (caffè, tè…) piuttosto che quelli delle multinazionali, che sfruttano la manodopera e inquinano l’ambiente. Incontrando una persona possiamo salutarla con gioia, piuttosto che leggere con ansia i nostri sms.

Continua

Last modified on Venerdì, 17 Febbraio 2017 16:00

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