A Torrenova c’era un piccolo Cas, ovvero un Centro di accoglienza straordinaria per donne vittime di violenza, tratta, o quant’altro. La capienza massima era di 60 posti. Nel 2015 l’immobile era stato offerto da un privato alla Prefettura di Roma per accogliere migranti, e una cooperativa aveva vinto l’appalto per organizzare la vita della piccola comunità di ragazze.
Vicinanza, ascolto, fiducia, stima e assistenza hanno ridato vita a queste giovani venute da lontano, spesso attraverso l’inferno libico: vi provvedevano volontari, presenti 24 ore su 24, e un direttore. Le giovani, in gran parte analfabete, venivano da sperduti villaggi della Nigeria, della Repubblica democratica del Congo, della Costa d’Avorio, dell’Egitto, del Marocco e della Colombia. Ultimamente sono arrivate anche ragazze incinte, indirizzate dopo il parto a una struttura più idonea. Dominio, questo il nome del primo nato nel centro, è stato la mascotte di tutte e di tutti.
Esperienza di rigenerazione…
Nel Cas abbiamo apprezzato l’accoglienza del direttore e dei volontari, che svolgevano con serietà e dedizione il compito loro affidato, andando ben oltre l’accoglienza formale prevista dalla legge.
Settimana dopo settimana abbiamo instaurato con le giovani un rapporto di simpatia e fiducia.
Oltre a qualche gita fuori porta e a gioiosi momenti ricreativi, abbiamo realizzato con loro dei brevi corsi di formazione personale: istruzioni di primo soccorso, con relativo diploma dell’Usmi Italia, inglese e yoga, e un corso di psicologia che le aiutasse a gestire emozioni e sentimenti, ovvero a crescere e maturare come persone serene e libere.
E loro hanno svelato a noi un mondo “altro”, che ci ha reso attente a realtà che esulano dal nostro quotidiano. In particolare ci ha colpito il loro grande sogno: per molte non è avere soldi, un lavoro, una casa, una famiglia o la felicità, ma “essere migliore in futuro”!
Non “avere un futuro migliore”, bensì “essere io migliore”. Hanno affrontato condizioni difficili, sia come migranti sia come vittime di violenza; eppure, nonostante le ferite, i traumi e l’abbandono che hanno sofferto, coltivano questo grande sogno.
Di religioni diverse, cattoliche, protestanti e musulmane, spesso abbiamo pregato insieme, ed eravamo diventate per loro così prossime da essere chiamate “mamme”. Davvero abbiamo percorso insieme un cammino di “umanità e dignità”.
… e di demolizione
La chiusura improvvisa del Cas ci ha ferito profondamente: tempi brevissimi di preavviso e poche informazioni sul futuro delle giovani. Un cattivo esempio di gestione del fenomeno migratorio, poco rispettoso delle persone e dei loro diritti umani. Certamente non consono ai valori del nostro Paese.
Con suor Azia Ciairano, responsabile dell’Usmi Italia per il settore tratta, abbiamo scritto una lettera per esprimere la nostra sofferenza e far conoscere la situazione delle vittime del decreto Salvini. Tanti organi di stampa e di informazione ci hanno dato voce.