Ildegarda di Bingen, vissuta dal 1098 al 1179 nell’attuale Germania e dichiarata santa e dottore della Chiesa cattolica da papa Benedetto XVI nel 2012, si può considerare una delle prime ambientaliste della storia scritta (quella più antica e tramandata oralmente è spesso andata perduta): ancor prima di Francesco d’Assisi, lei aveva compreso la fondamentale importanza di rispettare l’ambiente e tutte le sue creature. Lo faceva per omaggio al Creatore ma anche perché aveva compreso che gli esseri umani sono della stessa materia di ogni altro essere. Distruggere la natura equivaleva a distruggere la stessa umanità, perché la natura ci cura e noi dobbiamo prenderci cura di lei, rispettando i suoi ambienti, i suoi ritmi e le sue creature.
Monaca benedettina, maestra di spiritualità già famosa nel suo tempo, Ildegarda è considerata maestra anche nell’utilizzo delle piante spontanee per l’alimentazione, la cura e il benessere delle persone: «In ciascuna creatura che viene da Dio, anche quella che sembra più inutile, vi è un’utilità, anche se l’uomo non la conosce».
Per lei le “creature” erano piante, alberi, pietre, pesci, uccelli, animali e rettili, ma anche elementi e metalli. Non costituivano soltanto cose da conoscere, classificare e studiare, ma veri e propri concentrati di principi e sostanze utili per curarsi e nutrirsi. Molte delle sue intuizioni in campo erboristico e nutrizionale sono state successivamente confermate da studi scientifici: «Tutto serve a qualcosa; bisogna sapere a cosa ed essere in grado di trattare piante e animali nella dovuta maniera per ricavarne l’intrinseca utilità».
Nei suoi innumerevoli scritti, Ildegarda entra nei dettagli e indica quali animali e piante siano commestibili e a cosa giovino, suggerisce rimedi per la cura ma anche informazioni utili per un’alimentazione sana ed equilibrata, essenziale per vivere in salute e in armonia: «Se un essere umano soffre di fatica e di paura, è perché si è nutrito di alimenti e di bevande non adeguati, e nel suo corpo si accumulano sostanze e succhi dannosi».
Tanti sono i libri e i manoscritti che la santa ha lasciato a seguito delle sue visioni, e da essi sappiamo che nel Medioevo tante delle piante spontanee conosciute e usate oggi erano già fondamentali ingredienti di pietanze e di cura che Ildegarda usava e consigliava. Nel Libro delle creature cita l’ortica, la malva, il papavero, la senape selvatica, la piantaggine, la romice e tante altre erbe selvatiche, spezie e alberi. Indica anche “ricette” per un’alimentazione sana e “di guarigione”: «La noce moscata ha un gran calore e un felice equilibrio nelle sue forze. Chi mangia della noce moscata apre il proprio cuore, purifica i propri sensi e ne trae delle buone disposizioni. Prendi una noce moscata, della cannella (il medesimo peso rispetto alla noce moscata), un po’ di chiodi di garofano e riduci in polvere il tutto. Poi con quella polvere, della farina di semola e un po’ d’acqua, prepara delle gallette e mangiane spesso: ciò placa l’amarezza del cuore e della mente, apre il cuore e i sensi, rende lieta la mente, fa diminuire gli umori cattivi, apporta del buon succo al tuo sangue e ti fortifica». Da queste sue indicazioni è derivata una ricetta più moderna: i biscotti della gioia.
Santa Ildegarda sosteneva che il corpo, lo spirito, l’anima e l’ambiente sono i quattro pilastri della salute e sono strettamente connessi, così che l’alimentazione esercita conseguenze dirette anche sulle umane emozioni. Secondo la teoria dei quattro umori, popolare in quell’epoca, la tristezza e la collera causano numerose malattie e per neutralizzare questi dannosi stati d’animo Ildegarda invitava a consumare alcuni alimenti rivitalizzanti e curativi, “fonte di gioia”. In tal modo introduceva già il concetto di “cibo di guarigione”.