Lo dico con tristezza. L'appello del vescovo di Verona pubblicato oggi 20 giugno, secondo me è confuso, contraddittorio e ideologico. Un vero assist al candidato del centro-destra.
Confuso. Il vescovo elenca in modo indifferenziato non solo disoccupazione, povertà, disabilità, accoglienza, giovani e scuola cattolica (perché solo cattolica?) ma, soprattutto e in prima linea, ideologia gender, aborto, eutanasia come un tutto unico, omogeneo (temi, tra l'altro, che esulano dalle competenze di un sindaco). Rilevo anche che nell'appello non si parla di sanità, di pace e di ambiente.
Contraddittorio. Sia perché l'appello rivolto ai suoi preti a non schierarsi cozza contro l'abitudine di schierarsi anche in campagna elettorale a favore di candidati della Lega, sia perché l'intervento odierno si colloca giusto giusto dopo il demenziale attacco di Sboarina a Tommasi (che ha sei figli e cerca di collegare scuola e famiglia): "che idea ha di famiglia? Vuol far diventare Verona una capitale transgender?"
Ideologico. Evidente, tramite il richiamo ossessivo ai cosiddetti "valori non negoziabili", il legame con la destra e l'estrema destra (vedi ad esempio il discorso di Giorgia Meloni al comizio di Vox in Spagna o le dichiarazioni di esponenti leghisti che si presentano come i salvatori della civiltà, che pretendono di rappresentare i “valori cristiani” identificati con loro bandiera).
Sembra quasi che il vescovo, amareggiato perché la chiesa veronese è in secca “come il Po” (grande sembra il suo sconforto per la situazione ecclesiastica locale), chieda aiuto alla politica, auspichi la supplenza della destra locale (che ricambia subito il favore).
In ogni caso, sperando di sbagliarmi, auguro a mons. Zenti buona salute e una serena vecchiaia. Prego per lui e per la Chiesa veronese.
Da parte mia, cerco una città di volti. Una Verona di buone relazioni. Una Chiesa non clericale. Una politica laica.
Aria fresca.