Per rispondere bisognerebbe tirare in ballo una serie di questioni di natura teologica, storica e antropologica. Volendo, però, semplificare risponderei così:
1) poiché Cristo ha offerto una volta e per sempre il sacrificio perfetto, non ci sono più sacrifici da offrire bensì una parola da annunciare («la parola di Cristo» - Rm 10,7);
2) poiché c’è una parola da annunciare, (e non sacrifici da offrire), non serve una casta sacerdotale bensì un ministero ecclesiastico ispirato alla profezia;
3) poiché il ministero ordinato prende a modello la profezia, le donne vi accedono in quanto, come testimoniano le Scritture, lo hanno sempre fatto. Anzi, secondo il brano che Luca colloca agli albori della Chiesa, «avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno» (Atti 1,17).
Questo significa che le chiese della riforma protestante abbiano sempre accolto la proclamazione pubblica da parte delle donne? Nientaffatto.
Donne e profezia
Che le donne abbiano profetizzato agli inizi dell’esperimento cristiano è evidente dalle parole che l’apostolo Paolo rivolge negli anni Cinquanta del primo secolo alla Chiesa in Corinto «Ogni donna che prega o profetizza...» (1Cor 11,5). Purtroppo, lo stesso testo esordisce: «Voglio che sappiate che il capo di ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l’uomo, e che il capo di Cristo è Dio». Il suo scopo è chiaro: controllare, limitare, ed eventualmente proibire la profezia femminile.
Studiose del Nuovo Testamento, come Elisabeth Schüssler Fiorenza, e storiche, come Adriana Valerio, hanno dimostrato che queste opposte tendenze – la proclamazione pubblica della Parola da parte delle donne e il tentativo di proibirla – sono da sempre coesistite nel cristianesimo. La predicazione da parte delle donne rifiorisce in momenti e movimenti di rinnovamento solo per essere arginata o estromessa nel periodo successivo di istituzionalizzazione ecclesiastica.
Nella Riforma
Le Chiese nate sulla scia della Riforma protestante non fanno eccezione a questa dinamica; bisognerà aspettare fino alla metà dell’Ottocento perché si avvii un processo di riconoscimento formale del ministero pastorale delle donne. Vale la pena notare che esso inizia nelle Chiese con nessuna o poca organizzazione gerarchica, di quel tipo delineato da Paolo nel testo già citato, per approdare negli anni Novanta del secolo scorso alle Chiese più gerarchiche, come quelle della comunione anglicana.
In Italia, tutte le Chiese provenienti dal protestantesimo storico, nonché alcune altre Chiese e movimenti sorti in epoche più recenti, riconoscono che la chiamata all’annuncio non è determinata dal genere maschile, bensì dal dono del Dio davanti al quale «non c’è favoritismo» (Rm 2,11). Eppure permane un dubbio…