Vivo nella diocesi legata alla figura di Ambrogio che, durante i tafferugli, le violenze e gli incendi che devastavano le chiese di Milano nella lotta tra ariani e cattolici, fu inviato dall’imperatore a cercare di mettere pace, e ci riuscì talmente bene che non solo fu acclamato vescovo, ma, essendo solo catecumeno, fu subito battezzato e gli furono imposti gli ordini ecclesiastici.
Altra “stranezza” è che non solo si occupò dei fedeli, dando un’impronta liturgica così particolare da essere criticato per il suo avvicinarsi troppo all’Oriente (rito ambrosiano), ma si impegnò molto anche per il bene della città, e per questo i vescovi di Milano rivolgono un discorso alla città nel giorno della sua festa.
Voglio qui ricordare in particolare il discorso che fece nel 1990 il cardinale Carlo Maria Martini, “Noi e l’Islam. Dall’accoglienza al dialogo”** in cui definì la presenza dei musulmani una sfida per la comunità cristiana affinché sappia accogliere, interrogarsi e dare testimonianza della propria fede.
C’è violenza nelle religioni?
Se rendiamo assoluto il messaggio della religione a cui ognuno e ognuna di noi appartiene, nel mio caso la Chiesa cattolica, e affermiamo con certezza di avere il monopolio della verità, allora chiunque contrasti questo messaggio diventa un nemico da combattere e da sottomettere, con le buone o con le cattive.
Prima di sostenere che nell’islam o nell’ebraismo c’è violenza, dovremmo farci un esame di coscienza e rileggere gli sviluppi del cattolicesimo attraverso la storia di questi due primi millenni. Scopriremmo così la nostra debolezza, la nostra fragilità, rispetto all’annuncio fondamentale di Cristo morto e risorto, e vedremmo quanto siamo giovani, addirittura infanti, rispetto alle origini del mondo. E allora possiamo crescere e imparare a dialogare con i nostri fratelli e le nostre sorelle sia maggiori (dell’ebraismo) sia minori (dell’islam).
Da diversi anni mi occupo di dialogo e quello che ho imparato dagli altri e dalle altre mi ha aiutato ad andare sempre più al centro della mia fede cattolica, a lasciar cadere il superfluo e ad approfondire il nucleo centrale del messaggio cristiano, cercando di dare sempre testimonianza della mia fede.
Violenza “umana”?
La violenza c’è? Facendoci la domanda possiamo cercare di rispondere. L’Annuario pontificio 2018 e l’Annuario statistico del 2016, presentati nel giugno 2018, oltre a dare una panoramica generale della situazione dei cattolici nel mondo e della composizione della gerarchia, dice che in Italia il 90% della popolazione è cattolica!
Allora gli uomini che uccidono le donne, coloro che sfruttano i dipendenti, che non pagano le tasse, che fanno la voce grossa pensando che chi grida più forte abbia ragione; chi gioca sulla pelle delle persone che emigrano in cerca di un posto migliore, chi parla alla pancia delle persone... è cristiano/cattolico?
E se c’è così tanta violenza nelle relazioni interpersonali, possiamo ancora dire che il messaggio cristiano è un annuncio di pace? Certamente sì, se la nostra conversione e la nostra ricerca del bene comune avanzano di pari passo con il nostro impegno nella costruzione di una società non più liquida ma fortemente ancorata alla roccia che è Cristo.
Una simile domanda se l’è posta anche la comunità musulmana: «Se nella nostra religione è davvero tutto così bello, allora perché c’è tanta violenza?».
Per trovare risposte, duecento donne e una cinquantina di uomini si sono riuniti per diverso tempo in Malaysia per riflettere su uguaglianza, non discriminazione, giustizia e dignità, che sono alla base non solo dei diritti umani. Questo gruppo è conosciuto con il termine arabo Musawah, che significa proprio uguaglianza, parità legale.
Opportunità da non perdere
Credo che il nostro sia un tempo propizio perché ogni religione, ogni movimento religioso, possa riflettere su quanto si sia discostato dal nucleo centrale del messaggio originario.
Ho incontrato giovani musulmane e musulmani che da alcuni anni stanno facendo un lavoro di rilettura dei testi proprio per capire che cosa dice “a noi” oggi il messaggio del Corano. Giovani donne che hanno dato vita al Progetto Aisha per contrastare la discriminazione e la violenza contro le donne. Teologhe, che si interrogano sull’uguaglianza di genere nel Corano, fino alle Predicatrici dell’islam di Stato in Marocco.
Sono partita dalle immagini di papa Francesco e vorrei concludere con le sue parole, dette a braccio, quando gli hanno fatto una domanda sull’Isis.