Se per la Ministra Fedeli «l’Erasmus è il Dna dell’Europa», secondo i dati diffusi dalla Commissione Europea il programma di scambio culturale ridurrebbe fortemente il rischio di disoccupazione e il gap retributivo di genere.
In questo senso, i dati del World Economic Forum sul gender gap parlano chiaro: l'Italia è quarantasettesima su cinquantanove Paesi, sia per il numero delle donne che lavorano, sia dei loro percorsi di carriera. La percentuale di presenza femminile nei consigli di amministrazione italiani è del 3%. In Finlandia è del 40%.
Il divario retributivo di genere nel Regno Unito è pari al 17,5%. Nei Paesi industrializzati dell’Ocse, la media si attesta sul 15,5%. Dal 2017 l’Islanda ha introdotto un decreto legge per cui la differenza di retribuzione tra uomini e donne, a parità di impiego, dovrà essere uguale a zero. Il Paese nordico punta ad annullare il gap entro il 2022. Negli altri paesi dell’unione, Italia compresa, senza alcun provvedimento mirato, il divario si estinguerà in circa 170 anni.
Ma quanto contano le esperienze fatte in Erasmus?
Basti pensare che, a un anno dalla laurea, uno studente che ha fatto un’esperienza di studio all’estero ha il 50% di possibilità in più di trovare lavoro. Per gli altri, le possibilità in più di trovare un lavoro entro cinque anni arrivano comunque al 32%. Pertanto, con Erasmus, il rischio di disoccupazione giovanile si riduce e c’è il 5% di probabilità in più di lavorare in contesti internazionali. Secondo lo studio della Commissione, studiare all’estero rafforza la fiducia in se stessi, aumenta l’abilità di risolvere problemi e quella di prendere decisioni.
Tutte le candidature vengono esaminate secondo criteri di valutazione formale e qualitativa indicati dalla Commissione Europea e comuni a tutte le Agenzie nazionali dei Paesi partecipanti al programma. L’obiettivo è dare spazio ad attività di qualità, rilevanti e sostenibili. Al termine dell’iter di valutazione tutti i candidati ricevono una comunicazione con l’esito ufficiale da parte dell’Agenzia nazionale Erasmus.
Se la candidatura è stata approvata, l’organizzazione diventa beneficiaria e i titolari dei progetti scelti ricevono la convenzione con tutti i suoi allegati e un pre-finanziamento così da poter dare il via alle attività di progetto. L’esito negativo della candidatura può essere determinato da errori di forma o da scarsa qualità del progetto, unita spesso ad insufficienza di fondi. Ma, poiché, non ci sono vincoli per ripresentare la proposta alla scadenza successiva, la si può migliorare seguendo i consigli del proprio docente.
La partecipazione italiana è molto alta. Secondo i dati del 2016 sulla partecipazione al programma europeo, l’Italia è seconda solo alla Turchia per numero di candidature presentate. Un’altra ricerca dimostra che dal 2008 al 2011, il 54,2% degli studenti italiani partiti per l’Erasmus sono ragazze, in Germania sono il 55,9%, in Francia il 51,4% e in Croazia il 73,9%. Le studentesse sono la maggioranza anche in Bulgaria, Olanda, Svezia, Norvegia e Polonia.
Nell’Europa dei recinti e dei muri, l’Erasmus è un forte strumento di condivisione e di cultura, ma anche un modo per far partire ragazze e ragazzi e veder tornare donne e uomini. Più sicuri, più forti, e soprattutto in grado di andare oltre gli stereotipi di genere.