Si è festeggiata lo scorso 3 maggio la Giornata mondiale della libertà di stampa 2017 con la diffusione del rapporto annuale di Reporters Senza Frontiere (Rsf). Ad aprire la lista la Norvegia accompagnata da Svezia e Finlandia, a chiuderla è la Corea del Nord. In mezzo altri 178 Paesi segnati, chi più chi meno, da attacchi contro i media.
Ancora sorvegliato speciale è la Turchia, al 115esimo posto. Yonca Cingöz, della associazione editori turca, alla Fiera Tempo di Libri, conclusasi il 23 aprile, ha raccontato che gli scrittori in carcere nel suo Paese subiscono forti limitazioni alla possibilità fisica di leggere e scrivere e si rischia di finire nei guai per un Tweet o per uno stato su Facebook. Inoltre, agli scrittori turchi che partecipano ai festival all’estero viene fatto promettere di non rispondere a domande sul tema della libertà di espressione.
Nel rapporto di Rsf la Cina occupa il 176esimo posto. In prima linea per una maggiore libertà di espressione c’è Angela Gui. Figlia dell’editore di Hong Kong, Gui Minhai, detenuto dal governo cinese dall’ottobre del 2015. Dal sequestro di suo padre, la 22enne gestisce la campagna “Free Gui Minhai”, di cui ha scritto anche su The Washington Post e Hong Kong Free Press.
Il padre, Gui Minhai, prolifico scrittore di libri critici verso i leader di Pechino, risulta in detenzione in Cina dal mese di gennaio scorso, dopo che "era scomparso" dalla sua casa tailandese poco più di un anno fa. Angela è conosciuta nei circoli dei diritti umani e nei media in Hong Kong, che ancora mantiene la sua semi-autonomia dalla Cina, e la sua campagna non appare nei media cinesi.
In Africa, invece, alcune posizioni migliorano rispetto agli anni precedenti. La Namibia occupa il 24° posto ed è seguita da Ghana, Capo Verde, Sudafrica, Burkina Faso, Botswana, Mauritania, Mauritius, Madagascar e Senegal.
Tuttavia la situazione rimane critica in molti altri Paesi, dove si registrano chiusure di giornali, arresti e tagli delle connessioni Internet.
L’Eritrea, stabilmente nell’ultima posizione della classifica, è il caso più conosciuto. Situazione critica anche nel Gibuti, dove ormai non sono presenti media indipendenti. In Sudan, Repubblica democratica del Congo e Burundi, e crisi politiche hanno pesanti ricadute sulla libertà di stampa..
Infine, anche l’Italia migliora nella classifica, salendo al 55esimo posto, ma anche da noi la situazione per gli editori, gli autori e i giornalisti non è sempre semplice. Si pensi a quanto avviene in zone in cui giornalisti e cittadini lottano in solitudine contro mafie e corruzione.
Alcuni progressi sono stati fatti, ma il cammino è ancora lungo.