In questo 2017 l’obiettivo delle Giornata mondiale contro il lavoro dei minori è quello di proteggere soprattutto le bambine e i bambini che si trovano nelle situazioni di conflitti e disastri.
Secondo quanto riporta l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), in tutto il mondo, oltre 1,5 miliardi di persone vivono in paesi colpiti da conflitti, violenze e fragilità. Allo stesso tempo, circa 200 milioni di persone sono colpite da disastri ogni anno. Un terzo di loro sono bambine e bambini. Spesso lavorano ben oltre il tempo pieno e sono privati di un’educazione adeguata, una buona salute e del rispetto dei diritti umani fondamentali. Di questi, circa 126 milioni - ovvero uno ogni dodici bambini al mondo - sono esposti a forme di lavoro particolarmente rischiose, che mettono in pericolo il loro benessere fisico, mentale e morale.
Inoltre, circa otto milioni di minori sono sottoposti alle peggiori forme di lavoro minorile: la schiavitù, il lavoro forzato, l’arruolamento come bambini soldato, lo sfruttamento nel traffico di stupefacenti e nel commercio sessuale.
Non è nemmeno possibile definire il numero esatto di giovani ragazze che arrivano sui barconi partiti dalla Libia, mescolate tra i profughi in fuga dall’Eritrea, dalla Somalia, dal Sudan, dal Gambia. Ma per loro, il viaggio verso l’Europa non è sempre una scelta: sono state messe sui barconi con la forza o con l’inganno, dopo settimane o mesi di viaggio nel deserto, per essere poi costrette a prostituirsi sulle strade dell’Italia e del mondo.
A queste donne vanno aggiunti anche i circa 300 minori nigeriani arrivati da soli via mare nel 2015 (erano 196 l’anno precedente) e che sono stati intercettati dal sistema italiano di protezione. Nonostante i dati ufficiali non indichino quanti di loro siano ragazze, secondo Save the Children la presenza di bambine e ragazze è “decisamente rilevante e si presume vi sia un numero elevato di vittime di tratta all’interno di questo gruppo”.
L’età media delle ragazze che vengono trafficate verso l’Italia e destinate al mercato della prostituzione è molto bassa, proprio per il tipo di sfruttamento cui sono destinate. Lo dimostra, ad esempio, il caso delle 66 donne nigeriane che nel luglio 2015 vennero portate al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Ponte Galeria a Roma. “Solo alcune superavano i 25 anni. Tutte le altre avevano tra i 18 e i 20 anni. Erano, dunque, poco più che adolescenti”, si legge nella prefazione al report Interrotte.
Il fenomeno trova riscontro anche nei resoconti derivanti dall’esperienza sul campo degli operatori delle unità di strada attive in diverse regioni italiane. Vincenzo Castelli, presidente dell’associazione “On the Road”, stima che circa il 10% delle giovani nigeriane presenti sulle strade siano minorenni. Molto simile la valutazione fatta dagli operatori dell’associazione “Papa Giovanni XXIII”. “Noi operiamo nelle zone di Bologna e Ferrara, l’età media delle prostitute nigeriane che incontriamo si sta abbassando, oscilla tra i 19 e i 25 anni. Capire quante siano le minorenni è molto difficile, potrebbero essere il 10%”, spiega l’operatrice Laila Simonelli.
In questo momento in cui sembra impossibile anche solo controllare questo fenomeno, emerge ancora più forte l’obiettivo dell’Oil: sradicare il lavoro forzato, la fine della schiavitù moderna e il traffico di esseri umani e garantire il divieto e l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile. Per farlo occorre intensificare e accelerare l'azione per il lavoro anche, e soprattutto, nelle zone colpite da conflitti e disastri. E dobbiamo farlo insieme.