Il libro Educazione e movimenti sociali (Mimesis, 2019) e la ricerca di dottorato da cui esso trae origine nascono dal mio desiderio di comprendere e dare visibilità al pensiero e alle attività che gruppi di donne del Sud del mondo mettono in opera ogni giorno a favore della vita, allo scopo di contribuire alla creazione di alleanze internazionali che muovono dal basso. In particolare, il libro elabora ciò che ho imparato grazie alla convivenza e alla partecipazione al Movimento di Donne Contadine, nello Stato di Santa Catarina in Brasile.
Uno dei temi che attraversa il libro riguarda l’impegno quotidiano delle donne del movimento per risignificare il concetto di mercato, rimettendo al centro la sovranità e la sicurezza alimentari. Là dove un manipolo di multinazionali impone un’agricoltura imperniata sulla monocoltura, basata sull’uso massiccio di agrotossici e destinata all’esportazione, spingendo le famiglie contadine all’indebitamento, alla vendita della terra e all’esodo rurale, l’agroecologia praticata dal movimento – sorto una quindicina di anni fa – restituisce al lavoro dei campi la sua funzione di salvaguardia dei sistemi ecologici e sociali. Il recupero e lo scambio dei semi locali è un esempio emblematico di questo impegno, che non solo permette alle donne di riappropriarsi gradualmente del controllo del processo di produzione degli alimenti, ma restituisce i semi a tutta la comunità. In questa ottica, anche la commercializzazione acquista il valore di una pratica relazionale, fondata sulla creatività, sullo scambio di conoscenze ed esperienze, su processi educativi tra produttrici e consumatrici.
Certo è un cammino pieno di sfide. Una di esse concerne la necessità di rielaborare criticamente i processi storici che, a fine Ottocento, hanno promosso la costituzione della piccola agricoltura a Santa Catarina, attraverso l’introduzione di nuovi coloni “bianchi” fatti venire dall’Europa e l’esclusione delle popolazioni locali, che si videro negare la loro concezione del mondo e il loro rapporto con la terra. È necessario esplicitare il debito filosofico, politico e pratico che l’agroecologia ha nei confronti non solo delle donne ma anche delle visioni indigene incentrate sulla pienezza della vita. L’agroecologia è un modo di vivere ricco di implicazioni femministe e decoloniali, che devono essere riconosciute e potenziate per creare una società socialmente ed ecologicamente giusta.