Il mondo delle donne si sta muovendo. Lunedì mattina si è conclusa una assemblea di due giorni organizzata dalla Casa internazionale delle donne a Roma. All'ordine del giorno, le donne e i fondi del Next Generation EU, quei 750 miliardi di Euro che l'Unione Europea ha destinato, e di cui l'Italia avrebbe titolo a ricevere una percentuale pari al 28 per cento.
Ma è chiaro che la discussione va oltre, riguarda il paese che vogliamo, perché questa pandemia ci ha stordito e ci lascia ancora oggi spaventate (e sta arrivando la seconda ondata), in Italia abbiamo perso 500/600 mila posti di lavoro (pur nel vigore di norme che vietano i licenziamenti). La situazione diventerà ancora più difficile all'inizio del prossimo anno.
In questo contesto, l'Unione Europea - pur con le difficoltà politiche del momento - ci offre la possibilità di scrivere una nuova pagina.
Alla Casa internazionale delle donne hanno parlato moltissime donne di tutta Italia, l’associazionismo femminile è stato rappresentato da tantissime voci, dalla presidente Maura Cossutta ad Alessandra Bocchetti, da Laura Onofri a Giorgia Serughetti, dalla direttrice centrale dell'Istat Linda Laura Sabbadini, da dirigenti pubbliche (Cristina Maltese) da giornaliste, sindacaliste (Susanna Camusso), ma anche moltissime politiche (Cecilia D'Elia, Valeria Valente, Livia Turco, Elly Schlein, Marta Bonafoni).
È chiaro che le disuguaglianze stanno diventando insopportabili e – se nulla cambia – insormontabili. Per questo l'occasione va colta, senza indugi e senza separatezza. I temi d'urgenza sono chiari a tutti, e in larga parte condivisi.
Occorre ripartire dai servizi pubblici, che sono quelli che permettono alla società di superare le disuguaglianze, di educare e dare quindi strumenti per il mondo del lavoro e del domani a tutti, di curare chi si ammala e si trova in difficoltà (e nei mesi della prima ondata della pandemia chi si è ammalato si è rivolto ed è stato accolto – fino dove è stato possibile – dal servizio sanitario nazionale).
E se occorre ripartire da quei servizi, serve uno stato che "accentri" un disegno di organizzazione e rilancio di questi temi e progetti, facendo uno sforzo di sintesi nella fase della progettazione di quelle che altrimenti continueranno ad essere frammentazioni regionali e comunali.
Dunque ci vuole concretezza, ed eccoci qua.
Parliamo di misure, e valutiamo gli importi da destinare a ciascuna delle misure che il Paese che vogliamo richiede.
Le misure necessarie ed irrinunciabili riguardano: asili nido, istruzione pubblica, salute pubblica di prossimità, sostenibilità, digitalizzazione e superamento della inefficienza della burocrazia, lavoro per tutti coloro che sono e saranno occupati nei settori innanzi indicati (e non solo) a condizioni salariali dignitose e gratificanti.
Persino i sondaggi, strumento molto usato ma mai del tutto sdoganato o amato, ci dimostrano che non sbagliamo: emerge infatti dal sondaggio di Demopolis del 6 ottobre 2020 che per gli italiani le priorità del governo dovrebbero essere le politiche per l'occupazione e il lavoro (83 per cento), gli investimenti per la sanità (75 per cento) e la riduzione della pressione fiscale (72), il piano di investimenti per la scuola (66) e la semplificazione e digitalizzazione della burocrazia (61).
A chiusura dei lavori, le donne si accingono ora a scrivere un “manifesto” che rifletta le discussioni, e proponga il paese che le donne vogliono.
Che il governo investa nei punti che precedono non è più rinviabile. Cominciamo dagli asili nido, le risorse per costruirli e gestirli sono diverse decine di miliardi, ma si otterrà una inversione della denatalità, una crescita del pil, e quella felicità pubblica che le donne sanno essere indispensabile per costruire un nuovo domani.