Il governo Draghi non ha raggiunto il 50% di ministre che alla vigilia veniva pressoché dato per certo: erano soltanto speculazioni e voci di corridoio. Eppure il suo programma sottolinea oltremodo il valore delle donne; chissà quali alchimie politiche ne hanno vincolato la composizione. Le stesse donne del Pd, che brillano per assenza, sono rimaste sconcertate.
Comunque continua imperterrita la campagna Half of it, in italiano “il giusto mezzo”, promossa a livello Ue dall’europarlamentare tedesca dei Verdi Alexandra Geese per rivendicare che il 50% dei fondi Ue per la prossima generazione (Next generation Eu) siano destinati alle donne, soprattutto dopo gli allarmanti dati Istat relativi agli effetti nefasti del covid-19 sull’occupazione femminile in Italia: nel 2020, il 75% dei posti di lavoro sono stati persi dalle donne.
Seppur emarginate, loro si incontrano, si confrontano, propongono e si esprimono.
Il documento della Società della Cura , dove molte donne sono attive, dichiara : «Va realizzato un nuovo sistema di welfare universale, decentrato e depatriarcalizzato, basato sul riconoscimento della comunità degli affetti e del mutualismo solidale, sull'autogoverno collettivo dei servizi e sulla cura della casa comune».
Ma la critica femminista al Piano nazionale di ripresa e resilienza è ben più puntuale: «invita donne e uomini a ragionare, con l’orizzonte di un diverso modello sociale, sulla necessità di una rivoluzione nelle relazioni fra generi, di un superamento della storica separazione gerarchica fra produzione e riproduzione, domestica e sociale, e di un cambiamento radicale nei processi decisionali relativi sia alla distribuzione della ricchezza prodotta che al che cosa e come produrre. L’obiettivo di portare il tasso di occupazione femminile ai livelli medi europei viene finalizzato all’aumento del Pil, indicatore di crescita economica fortemente criticato dal femminismo perché inadeguato e ingannevole misuratore del benessere, in quanto non dà conto della distribuzione del reddito, delle esclusioni sociali, della qualità della vita».
In relazione alla transizione ecologica puntualizza che: «ci sono parole vuote e riferimenti superati nella parte in cui si fonda su crescita, sviluppo sostenibile, consumo, impresa, puntando sulla grande industria, l’infrastruttura pesante, l’alta velocità, i nuovi porti. Non c’è più bisogno di grandi opere invasive ed onerose, ma di un’opera complessiva, da nord a sud, di messa in sicurezza e protezione dei nostri territori locali, feriti da dissesto idrogeologico e da attività predatorie. La fragilità dei nostri territori e dell’ambiente intorno a noi è la fragilità dei nostri corpi, delle nostre vite. “Agroecologia” non compare. “Biodiversità” è sconosciuta». La Politica agricola comunitaria rimane sotto accusa, mentre l’economia agricola femminile diventa opportunità di coniugare bisogni i umani e degli ecosistemi.
Saranno capaci le donne, tutte, di avanzare proposte condivise?
Laura Cima, nel suo blog, è fiduciosa: «Ieri pomeriggio la centenaria Marisa Rodano ha convocato un interessante confronto di #noiretedonne, da 10 anni impegnata a far decollare una vera parità nel nostro Paese. Invito tutte le amiche a partecipare e a seguire i confronti in atto», incluso un webinar promosso il 26 febbraio 2021 da #dallastessaparte. Ecofem ne costituisce un laboratorio, in cui da mesi donne molto diverse si confrontano in modo profondamente arricchente. «Noi abbiamo una gestione collettiva e nessuna presunzione di essere la voce più importante, anche perché nate meno di un anno fa. Nessuna ha mai assunto ruolo di capa, per fortuna − sottolinea Laura Cima −. Non è così ovunque. So le tensioni e le fratture, più personali che politiche, che hanno attraversato il femminismo... Mi piacerebbe che noi, che ci siamo definite dallastessaparte, ci muovessimo per unirci nelle differenze con grande correttezza ed empatia. Ci aspetta un grande lavoro, ma abbiamo una resilienza maturata nelle difficoltà e una passione che non si ferma. Le nostre esperienze e le nostre radici sono la nostra forza. Insieme stiamo facendo il salto necessario».