In Siria sono passati sei anni.
Sei anni di guerra che hanno reso il Paese il più grande generatore mondiale di popolazione sfollata. Le statistiche del 2016 sono scioccanti: 4,7 milioni di rifugiati, 6,6 di sfollati interni, 13 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria, 250.000 morti.
Il conflitto ha avuto un impatto sproporzionato sui corpi e nella mente delle donne costringendole a violenze e al silenzio. Ma, dall'inizio della crisi, esse sono state anche esempio ispiratore per la loro capacità di resilienza e determinazione. Hanno iniziato ad organizzarsi prima a livello di comunità, per far fronte alle esigenze umanitarie. Purtroppo queste organizzazioni non venivano considerate attivamente, né tradotte in un’adeguata rappresentanza a livello internazionale, perché prive di un coordinamento comune.
Il processo politico di inclusione iniziò con Ginevra I, nel 2012. Contrariamente agli impegni internazionali previsti nelle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, le donne erano assenti dal processo politico sia come rappresentanti ufficiali che civili. Pertanto, hanno chiesto sostegno a UN Women per essere aiutate ad organizzare e gestire diverse le coalizioni di donne in base a un programma comune.
Lo sforzo per includere le donne nel processo della negoziazione di pace fa parte di un movimento sempre più globale, sostenuto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella risoluzione 1325 (approvata nel 2000) e da una ricerca che indica che gli accordi di pace hanno maggiori probabilità di durare se le donne sono coinvolte nei negoziati.
Nonostante ciò, nel gennaio 2014 a Ginevra II, le donne siriane erano ancora sottorappresentate nelle delegazioni ufficiali. E grazie all’appoggio di UN Women riuscirono a presentare all’inviato speciale in Siria, Staffan de Mistura, in seguito alla conferenza di Ginevra III, una dichiarazione che delineava la loro visione unitaria e i loro impegni concreti per partecipare attivamente al processo politico.
Questo ha permesso di formare la Syrian Women’s Initiative for Peace and Democracy (Swipd), un gruppo di donne che lavorano insieme per ottenere un ruolo di maggior rilievo per nel processo politico. Dopo quasi tre anni di impegno continuo, nel febbraio del 2016, de Mistura ha formato il Women’s Advisory Boar, un progetto che comprende 12 membri, metà dei quali sono membri del Swipd, che per la prima volta hanno espresso il loro parere riguardo alle trattative intra-siriane per il raggiungimento della pace.
L'Advisory Board non partecipa direttamente ai negoziati, ma è un tentativo di alleare attiviste da tutte le diverse parti del conflitto, al fine di promuovere una visione che tenga maggior conto della prospettiva di genere. Inoltre vogliono dimostrare che persone provenienti da ambienti politici molto diversi possono sedersi allo stesso tavolo, insieme.
Tra le richieste che questo gruppo eterogeneo rivolge agli organismi internazionali, come hanno fatto al World Humanitarian Summit in Istanbul lo scorso maggio, si riconosce la voce di chi ha cercato una vita ‘normale’ in questi sei anni: non aiuti finanziari, quindi, perché basterebbe la sospensione delle sanzioni economiche per permettere al Paese di risollevarsi con le proprie forze, consentendo ai ragazzi e alle ragazze siriane di continuare a studiare, di costruirsi un futuro grazie alle loro capacità.
Un altro sforzo di UN Women verso la costruzione di un’ampia coalizione delle donne per la pace è stato la convocazione, lo scorso anno, della conferenza "Syrian Women Peacemakers", che ha riunito il gruppo più eterogeneo e rappresentativo finora esistito in termini di alleanze, etnie, religioni, età e provenienza geografica, con i membri della Swipd e del Women Advisory Board. Oltre 130 donne siriane, tra cui attiviste politiche e della società civile, si sono riunite a Beirut e hanno forgiato una dichiarazione di unità, nonostante le notevoli divisioni politiche.
Questo ultimo impegno apre una nuova era per il movimento delle donne siriane, mentre si continua a lavorare assieme per un ruolo più importante, per una maggiore rappresentanza delle donne nel processo politico e per la formazione di una forte coalizione per la pace sulla terra.