Nell’anno in cui ricorre il quinto centenario della Riforma, non possiamo non ricordare, per la sua capacità di dialogare con apertura e profondità col mondo protestante, Marianita Montresor, presidente del Segretariato attività ecumeniche (Sae) dal 2012 al 2016. Una donna cattolica aperta all’incontro, capace di ascolto sempre attento e disposta a mettersi in gioco in modo concreto. Aveva il dono di saper cogliere nel fratello, nell’amica e in chiunque ascoltasse, la carica di novità che ogni persona poteva avere per lei. E sapeva nutrirsene senza pregiudizi e senza fatica, con grande spontaneità.
Donna di fede profonda, appassionatamente innamorata del Signore e di tutte le creature che l’hanno circondata nel corso della sua vita, si sentiva riconoscente per tutto quello che riceveva, comprese le numerose relazioni e amicizie in campo evangelico, che accoglieva come un dono speciale.
Sin dalla sua giovinezza, Marianita ha nutrito una profonda vita di fede, che l’ha condotta a studiare prima presso lo Studio teologico San Bernardino e successivamente presso la Pontificia università antoniana, dove si è specializzata in studi ecumenici.
È stata insegnante di religione cattolica: in classe ha sempre cercato di promuovere il senso critico e l’apertura al dialogo con le confessioni cristiane e anche con le altre religioni. Nel 2001 è diventata la responsabile del gruppo Sae di Verona, ruolo in cui è rimasta fino al 2012, anno della sua elezione a presidente nazionale. Marianita si è dimostrata subito adatta a gestire il Sae, perché aveva un’umiltà genuina e perfino un po’ imbarazzante, ma anche idee chiarissime: non aggrediva mai l’interlocutore, ma sapeva esattamente di chi fidarsi e di chi no. La sua determinazione nasceva dalla serenità che le dava l’aver sempre cercato nella preghiera e nella lettura della Bibbia la risposta alle tante questioni che ha dovuto affrontare lungo il suo percorso di fede, ricco di un’inesausta ricerca.
Non ha avuto paura di affrontare le sfide che il suo viaggiare fuori dai confini rassicuranti della propria Chiesa a volte le ha posto: non chiudeva gli occhi di fronte a realtà talvolta scomode, perché era desiderosa di capire e approfondire.
Nella sua lunga malattia non ha mai dimenticato, neppure nei momenti più difficili, che Dio l’amava. Per il suo rito funebre, del quale negli ultimi giorni discorreva con serenità molto maggiore di quella dei suoi interlocutori, ha chiesto una celebrazione ecumenica: ha voluto che tutti insieme, ortodossi, protestanti e cattolici, ci riunissimo per elevare insieme la lode al comune Signore.