Oggi la globalizzazione, insieme ai progressi nelle comunicazioni e nei trasporti, ha aumentato notevolmente il numero di persone che hanno il desiderio e la capacità di trasferirsi in altri luoghi per affrontare nuove sfide.
È il legame che si è creato tra migrazione e sviluppo, e soprattutto co-sviluppo, cioè il miglioramento concreto delle condizioni economiche e sociali sia di origine che di destinazione.
Secondo i dati dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel gennaio 2016 solo in Grecia sono arrivati circa 36mila migranti (nello stesso mese del 2015 erano 5500) e di questa massa di persone in fuga oltre la metà è rappresentata da donne e bambini. Le donne sono le custodi della memoria familiare e sociale del proprio Paese, grande o piccolo che sia. Anche nelle società in cui hanno una posizione subordinata, sono comunque le garanti degli aspetti più intimi e antichi della vita familiare e della trasmissione di questi sentimenti alle generazioni successive.
Allora esiste, forse, un rapporto tra maternità e migrazione. Il primo è un evento che rende le donne "ricettive" rispetto alla vita e all'estraneo. Per questo vivono ogni situazione con la mente e con il corpo, in un'unità inscindibile, e ciò le rende particolarmente sensibili nell'accogliere, ricordare e trasmettere.
E quale ruolo gioca, allora, la memoria nella vita delle donne migranti? "Le donne adulte e le adolescenti - spiega Adelia Lucattini, psichiatra psicoterapeuta e Psicoanalista esperta in bambini e adolescenti - sono depositarie della memoria e della tradizione familiare e culturale del proprio Paese e mediatrici attive o silenziose rispetto alla cultura di quello che le ospita.
Nella Giornata internazionale del Migranti, ringraziamo in particolare le donne per la resilienza e la ricettività attiva di cui sono capaci, che permette loro di comprendere in modo più intuitivo, il contesto culturale in cui si muovono nei Paesi accettanti. E, proprio perché custodi dell'identità personale e familiare, possono favorire il processo di integrazione dei loro figli.
Chi ha un'identità certa, più facilmente apprende una nuova lingua, si abitua a nuovi ambienti, osa assaporare nuovi cibi, è incuriosito da abitudini e usanze di un paese diverso. Chi sa chi è non ha paura di confrontarsi o di "confondersi" con l'altro, ma anzi può esserne attratto.