Il governo Draghi nasce con 23 ministri (più il premier 24) di cui 8 donne, circa un terzo. Il 32% a essere precisi.
Numeri ben minori rispetto alla “squadra in rosa” di cui si parlava nei giorni scorsi, sull’onda delle abitudini dell’ex presidente della Bce di valorizzare la competenza professionale femminile. Ma questa volta è andata in modo diverso.
Diverso da come si pensava, ma uguale a come di solito va.
Per le donne - le bambine e le ragazze - la carriera è ancora un percorso a ostacoli viziato da stereotipi. Una riflessione che ci riporta a un problema ben più ampio: il gender gap, nel nostro paese e nel mondo, continua a penalizzare donne e ragazze a causa di stereotipi, disuguaglianze di genere e mancanza di opportunità educative che affondano le proprie radici già dalla prima infanzia.
Con la diffusione della pandemia il divario rischia di aggravarsi ulteriormente privando le bambine e le ragazze della possibilità di sviluppare talenti e competenze indispensabili per costruirsi il futuro che sognano. Eppure proprio la pandemia ha mostrato il valore delle ricercatrici nella lotta al Covid, dal riconoscimento del virus alle tecniche per testare le persone, arrivando allo sviluppo dei vaccini. C’è la biochimica ungherese Katalin Karikò, infatti, dietro al vaccino anti Covid-19.
Una mente brillante che in questi giorni è stata oggetto, insieme a molti altri personaggi, della campagna social #noncivuoleunascienza #civuoleunascienziata, che ha coinvolto attiviste, donne e ragazze, del mondo della scienza e del digitale per chiedere maggiori investimenti nell’istruzione e in politiche di promozione delle pari opportunità in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza che si celebra l’11 febbraio.
Purtroppo, la risposta del governo formatosi in questi giorni è stata sorda a queste richieste e a quelle più specifiche promosse da oltre quaranta associazioni e parlamentari di tutti gli schieramenti unite sotto il nome di Donne per la salvezza. Il ministero delle Pari opportunità, in Italia, non ha fatto alcun passo avanti.
Una buona notizia, da questo punto di vista, ci arriva dall’Africa: l’8 gennaio la Banca Africana di Sviluppo ha reso nota l’adozione di un programma che mira, nel prossimo quinquennio, a rafforzare la parità di genere per garantire una migliore crescita economica del continente. «L’obiettivo – ha dichiarato Vanessa Moungar, direttrice del Dipartimento “Genere, Donne e Società Civile” - è quello di incrementare i nostri sforzi sul campo affinché le donne africane possano prosperare. E per farlo è necessario rimuovere gli ostacoli che ci impediscono di virare verso un cambiamento economico e sociale di tipo inclusivo».
La nuova “Gender Strategy” si basa su tre pilastri fondamentali: responsabilizzare le donne attraverso il libero accesso alla finanza e ai mercati, accelerare l’occupazione femminile creando nuovi posti di lavoro e migliorando le loro competenze professionali e assicurare alle donne l’accesso ai servizi sociali mediante strutture dedicate.
Un vero cambio di rotta che ci auguriamo possa essere di ispirazione per altre azioni locali e internazionali volte a sottolineare l’essenza della parità di genere e a contrastarne l’assenza.