È passato un anno dall’inizio del “confinamento” nazionale decretato per arginare la pandemia covid-19.
Era il 10 marzo 2020: l’esperienza di clausura forzata, sofferta maggiormente da persone anziane e sole, da famiglie con spazi abitativi ristretti e dalle giovanissime generazioni, si è protratta per mesi creando ovunque un’atmosfera surreale.
Le donne, che più hanno sostenuto l’onere della cura in casa e sul lavoro, hanno pagato un prezzo molto alto: in termini di violenza domestica, di precarietà lavorativa ed economica, e anche di emarginazione politica.
Se a livello europeo sono state tre donne lungimiranti a salvare la situazione, due ai vertici delle istituzioni dell’Ue, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde, e una alla guida della “locomotiva tedesca”, Angela Merkel, in Italia il contributo femminile è stato volutamente minimizzato, anche per elaborare il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Come se le donne non avessero né competenza né esperienza da offrire.
È bene far memoria di quello che abbiamo vissuto nel 2020 per non ripetere errori e sviste e, ancor più, per valorizzare al meglio tutte le energie necessarie a cambiare rotta. Tornare a “vivere come prima” è semplicemente suicida, perché l’origine della pandemia è proprio nello stile di “produzione e consumo” di coloro che da decenni deturpano la Terra e sconquassano i suoi delicati ecosistemi.
Chi avrà la santa determinazione di cambiare rotta? La risposta è «nel vento», come cantava Bob Dylan, o nelle nostre mani?
Queste pagine presentano iniziative che già realizzano cambiamenti di rotta: dall’economia senza tratta del “Primo piano” alla conversione ecologica del “Dossier”. Sono iniziative promosse e realizzate da donne; a latitudini diverse, con modalità differenti, ma ispirate tutte allo stesso fine: prendersi cura di ogni vivente.
Questo dossier ce ne fa incontrare alcune in Africa, America Latina ed Europa; dal Kenya al Messico, all’Italia. Servirebbero molte più pagine per incontrarle tutte, ma Combonifem ce ne ha già fatte conoscere tante negli anni passati e continuerà a farlo. Sono donne di tutti i continenti, perché, come il disastro della pandemia attesta, ciò che avviene in una regione del mondo, anche lontana, ci riguarda. Le varianti inglesi, brasiliane e sudafricane del covid-19, che tanto allarmano il nostro sistema sanitario, lo confermano.
Chi tiene lo sguardo fisso sull’economia consumista come unica possibilità non riesce a cambiare rotta. Può farlo invece chi, da altre prospettive, ne nota gli effetti nefasti: anzitutto le donne, quelle che dimorano “altrove”, a stretto contatto con la sofferenza di Gea. Nella mitologia greca, Gea è l’origine di ogni vivente, delle Ore e dell’ordine naturale: è la Madre Terra. Ogni cultura la chiama per nome, ma soltanto alcune ne ascoltano il grido, come le donne dei popoli indigeni segnalate negli anni dal Goldman Environmental Prize, il prestigioso premio internazionale considerato il “Nobel per l’Ambiente”. Ma anche scienziate, filosofe, giovani attiviste e “mamme”, come le “mamme NoPsaf” del Veneto, insignite del premio Wangari Maathai 2018. Il dossier racconta le loro storie di “persone ordinarie” che agiscono insieme, come “comunità”.
Sono storie di vita che rivelano il coraggio di cambiare rotta.
Un buon auspicio per due ricorrenze che accompagnano questo tempo: la Giornata internazionale della Donna e l’annuncio di Pasqua, ovvero della vita che vince la morte. Annuncio portato all’inizio… da donne!