«Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento», recita un proverbio cinese, che ci aiuta a capire il significato del termine resilienza. Le donne che chiamano il Telefono Rosa sono molto diverse tra loro per età, cultura, istruzione e occupazione, ma sono tutte donne coraggiose, che trovano la forza di dire basta all’umiliazione, alla paura, alla mortificazione, alla violenza.
Scappare via da una brutta situazione sembra la cosa più facile del mondo, invece non lo è, soprattutto quando chi abusa di te è l’uomo che pensavi di amare, che aveva promesso di rispettarti e con il quale hai iniziato a costruire un progetto di vita. Il padre dei tuoi figli, il compagno che ti eri scelta. Significa dichiarare un fallimento, e ti senti sciocca e sola; non è affatto facile.
Posizione subalterna
Al Centro antiviolenza si ascoltano, nella maggioranza dei casi, storie di violenza domestica, dove l'abusante è il partner o l’ex partner. Un terribile effetto collaterale di questa violenza è quella che subiscono i figli e le figlie che vedono il papà maltrattare la mamma, cioè la violenza assistita. La violenza domestica e, allargando un po’ la lente, quella di genere, ha una matrice prima di tutto culturale: in una società che per secoli ha visto la donna in posizione subalterna all’uomo, i rapporti difficilmente sono paritari e si ricorre all’utilizzo della forza e della coercizione per soggiogare ed annientare la persona che si ritiene essere inferiore.
L’Europa interviene
La Convenzione di Istanbul (la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, ratificata anche dall’Italia, nel 2013) è stato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante a creare un quadro giuridico completo per proteggere le donne da qualsiasi forma di violenza. La Convenzione definisce la violenza sulle donne una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente «tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata» (art. 3).
Evoluzione in Italia
L’ Istat nel 2015 ha pubblicato i dati dell’indagine La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia (periodo di riferimento 2014): 6 milioni e 788mila donne hanno subìto nel corso della vita qualche forma di violenza fisica o sessuale, ossia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652mila le donne vittima di stupri e 746mila di tentati stupri.
Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane (rispettivamente 31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), quella sessuale lo è di più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%), e le moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) sono i gruppi maggiormente colpiti dalle violenze.
I partner attuali o ex commettono le violenze più gravi. Sono responsabili del 62,7% degli stupri. Gli autori di molestie sessuali, nella maggior parte dei casi (76,8%), sono invece degli sconosciuti. Il 10,6% delle donne è stato bersaglio di violenze sessuali prima dei 16 anni.
Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, è in aumento la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3%, dato del 2006, al 65,2%, rilevato nel 2014).
Tendenze incoraggianti
Emergono importanti segnali di miglioramento rispetto all’indagine precedente: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006 . Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, e soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno nonché di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.