È vissuta da famiglie, comunità religiose e singoli che ospitano e accompagnano tanti e tante richiedenti asilo; è garantita dalle associazioni di giuristi e dagli sportelli legali che prestano assistenza gratuita a chi ne ha bisogno; è offerta dalle centinaia di ambulatori che curano chi non ha accesso ad altre tutele sanitarie. È anche intessuta dagli enti che organizzano corridoi umanitari o si attivano a livello internazionale per alleviare la sofferenza di migliaia di migranti forzati privati della loro dignità.
Da qualche mese questa solidarietà affianca anche coloro che il decreto sicurezza e certi comportamenti istituzionali hanno messo improvvisamente sulla strada o sradicato dal contesto educativo e lavorativo in cui stavano crescendo. È la solidarietà che non chiude i porti e valorizza gli Sprar.
La Campagna #ioaccolgo è stata lanciata il 13 giugno 2019 a Roma da 42 organizzazioni sociali italiane e internazionali: mette in rete centinaia di esperienze di accoglienza perché vengano condivise, riprodotte e fatte conoscere. Dà voce a cittadini e cittadine, nuclei familiari, enti locali, studenti, insegnanti, organizzazioni nazionali e territoriali, laiche e religiose, che credono nella solidarietà.
L’opinione pubblica italiana, paralizzata da chi semina paura, ne potrà divenire più consapevole.
La Campagna avvia anche iniziative di mobilitazione per aprire vertenze che inducano le istituzioni ad assumersi la responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione, cancellando le scelte discriminatorie e superando gli effetti perversi del decreto sicurezza.
Due flashmob, costellati dalle coperte termiche che proteggono le persone soccorse in mare o nei campi profughi, hanno preceduto la conferenza stampa di Roma: «Esponetele ai balconi, legatene un pezzo allo zaino. Dimostriamo insieme che c’è un’Italia che non è d’accordo con questo governo, che c’è un’Italia che accoglie».