Un incontro pacato. Parla per prima Cécile Kyenge, italo-congolese e europarlamentare del Partito democratico. Subito ringrazia Anna Leso, assessore alle Pari opportunità del Comune di Verona, eletta nel 2012 con la lista civica Per Verona dopo un passato in Forza Italia. La signora Leso è presente senza sedere al tavolo di chi racconta. Le due donne appartengono a partiti politici diversi, ma credono nel valore di incontrarsi e confrontarsi, come le altre persone presenti. Perché per trasformare le situazioni bisogna esserci dentro, e aiutarsi a comprenderle meglio. Conoscere le persone, cercare di capirle e dissolvere i pregiudizi, insieme.
Nell’agosto del 2015 lo hanno fatto Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli. Arrivano alla stazione di Gevgelija, in Macedonia, rispondendo alla segnalazione di persone amiche che vivono nei Balcani. Due giorni di strada per capire. Raccontano dell’esodo che attraversa la Grecia per raggiungere l’Europa e li travolge: migliaia di famiglie, uomini e donne, ingegneri, commercianti, persone dell’alta borghesia siriana. Tutti parlano inglese e portano a spalla figli e figlie. Idomeni dista poco più di un chilometro, ma i reporter non ci sono; non se ne parla ancora. Roberta e Luigi incontrano un’umanità provata, ma tenace. «Nei loro occhi - dice Roberta – ho visto una determinazione mai incontrata prima. Verranno a bussare alla porta di casa nostra e noi dovremo rispondere. La politica dovrà dare una risposta, anzi, dovremo darla insieme».
Sguardi, volti, empatia: incontri umani, che hanno bisogno di tempo per realizzarsi. Anche il gruppo One bridge to Idomeni ha fatto la stessa esperienza: giovani e meno giovani sono partiti da Verona per portare soccorso; ma prima ancora per stare, conoscere e far conoscere. E continuano a “fare ponte” anche quando i media hanno chiuso il sipario su Idomeni, dove il campo è stato smantellato nel maggio 2016, ma i profughi rimangono.
I media principali, troppo spesso assillati dalle emergenze, dagli scoop da sbattere in prima pagina, rifuggono dal sostare e approfondire per “far conoscere”; e le dettagliate analisi di geopolitica non sono sempre comprensibili. Allora servono altre modalità per “comprendere”. L’esperienza personale, frutto di incontri che segnano la vita, può diventare racconto, o teatro vivente, oppure immagini che scorrono, o una pubblicazione, come Dal libro dell'Esodo, frutto dell’esperienza vissuta da Luigi e Roberta; un reportage fotografico arricchito dai testi di Cécile Kyenge, Paolo Rumiz, Michele Nardelli, Carlo Saletti e Ismail Fayad. Una panoramica ampia e un’interessante prospettiva storica. Basti pensare che nel 1910 a Sarajevo la terza lingua parlata era lo spagnolo, e Michele Nardelli nel libro ne spiega la ragione.
Serve un nuovo umanesimo, che incoraggi a riflettere in modo accurato, ponderato, oltre le gabbie di partito. Altri sguardi, altre prospettive, che aiutino a capire meglio, oltre i pregiudizi.
Il 12 aprile 2016 Cécile Kyenge, del gruppo socialista, e Roberta Metsola, deputata maltese del gruppo popolare (centro-destra), hanno presentato al parlamento europeo il rapporto “Situazione nel Mediterraneo e necessità di un approccio globale dell'UE in materia di immigrazione”. Lo hanno presentato insieme, oltre i partiti, ottenendo ampi consensi. Un programma per impostare in modo comprensivo l’asilo e la migrazione, con proposte di breve, medio e lungo periodo, centrate anzitutto sulla dignità delle persone e l’integrazione. «Stiamo già lavorando per modificare il regolamento di Dublino – ha sottolineato la Kyenge –; la trasformazione è un processo che ha i suoi tempi, e ogni persona ne sia protagonista, nel modo che può».
Proprio oltre «l'inconcludenza rissosa dei partiti», denunciata nei giorni scorsi dal Presidente Sergio Mattarella.