La nascita delle prime Bdt italiane si intreccia con la forte spinta politica iniziata negli anni Ottanta da un gruppo di donne. Il loro impegno a conciliare il tempo del lavoro con quello della vita privata persiste per un decennio, durante il quale varie amministrazioni comunali cominciano a varare “Piani dei tempi e degli orari della Città”. Nascono dal basso numerose Bdt; le prime, in Emilia-Romagna.
Dal 1995 queste “banche” vengono censite dall’Osservatorio Nazionale Tempomat, ideato e diretto da Adele Grisendi, direttrice del Centro di documentazione Il Cittadino ritrovato. La sede è a Roma, presso la Cgil nazionale.
Alleanza di donne
Finalmente l’8 marzo 2000 la proposta di iniziativa popolare diventa la legge 53: “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. Avviata dalle donne, è propugnata in parlamento da Livia Turco, allora ministra della Solidarietà sociale.
Secondo questa legge, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate “Banche dei tempi” volte a favorire lo scambio di servizi di vicinato e incentivare la solidarietà.
Alla fine del 2003, anno di chiusura dell’Osservatorio Tempomat, in Italia si contano circa 250 Banche del Tempo, ma con il venire meno dell’Osservatorio diventano più rare le opportunità di confronto, condivisione e scambio di esperienze tra banche che esso coordinava.
Oltre le istituzioni
Nell’aprile 2004 Marialuisa Petrucci, rappresentante delle Bdt di Roma, propone una riunione per “ricominciare a tessere la rete” nazionale tra le Bdt. Il convegno “Per una rete nazionale di Banche del Tempo” si svolgerà a Roma nel settembre dello stesso anno, preceduto da una riflessione che alcune rappresentanti, convocate da Nina Di Nuzzo, presidente della Bdt di Alì Terme (Messina), elaborano sui valori comuni di queste banche. Ne deriva la “Manifestazione d’intesa”, presentata al convegno di Roma, secondo la quale il tempo è «una risorsa sociale da organizzare e autogestire per il bene comune».