Questa affermazione potrebbe essere un commento odierno alla ventata xenofoba che spazza i Paesi europei, con partiti dichiaratamente anti-immigrazione e anti-Ue che mietono crescenti consensi. La Brexit, ovvero la costosa uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, è attribuita proprio alla necessità di arginare l’immigrazione irregolare nel Regno Unito.
E invece queste parole sono state scritte nel 1999 da Norman Myers a introduzione dell’edizione italiana del suo libro Esodo ambientale, pubblicato la prima volta in lingua originale nel 1995.
Il clima fa politica
Dagli anni Settanta le aree di crisi erano già evidenti agli occhi attenti di Myers: il Corno d’Africa e il Sahel, il Nord Africa e il Medio Oriente erano afflitti da onde di calore, siccità, alterazione delle precipitazioni ed erosione dei suoli, ovvero da crescente desertificazione. Regioni esposte a destabilizzazione politica e conflitti violenti, che aggravavano ulteriormente il crescente degrado ambientale.
Anche lo “stress idrico” sofferto dall’Egitto per la rivendicazione dell’Etiopia di utilizzare le acque del Nilo Azzurro era oggetto di attenzione, come pure il Bangladesh, con il bacino del Brahmaputra in grave sofferenza. Dagli anni Settanta entrambi i Paesi sono all’origine di crescenti flussi migratori.
L’America Centrale e il Messico, per l’intenso incremento demografico e le persistenti sacche di povertà, subivano da tempo gli effetti di un eccessivo sfruttamento della terra: «Negli ultimi cinquant’anni l’ambiente è stato considerato semplicemente come materia prima della crescita economica», precisava Myers. Le spinte migratorie che ancora attraversano l’America Centrale per raggiungere gli Usa ne sono espressione, seppur non esclusiva.
Migranti o “profughi”?
All’inizio degli anni Novanta, milioni di persone erano già travolte da carenza idrica o da inondazioni: oggi parleremmo di eventi meteorologici estremi. Nel 1994, precisa Myers, erano stati censiti almeno 25 milioni di profughi ambientali, dei quali «probabilmente la metà nell’Africa subsahariana», in prevalenza donne, bambini e bambine.
Secondo dati da lui raccolti e riassunti nell’introduzione all’edizione italiana di Esodo ambientale, all’inizio del 1999 i profughi ambientali erano arrivati a circa 30 milioni.