Secoli di colonizzazione…
La ricerca affannosa di una via commerciale per l’Asia spinge Spagna e Portogallo a esplorare nuove rotte. Il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo approda alle attuali Bahamas con tre vascelli spagnoli: in pochi decenni l’America Centrale, Meridionale e le isole caraibiche vengono colonizzate. Nel Nord America, la Spagna stabilisce città in quelli che oggi sono gli Stati di Texas, Nuovo Messico, Arizona, Florida e California, dove i missionari cattolici si dedicano alla conversione dei nativi americani. Nel Cinquecento e nel Seicento, Inghilterra, Francia e Olanda colonizzano i territori del Nord America.
… e di schiavitù
La terra fertile risulta ideale per la produzione di tabacco, cotone, zucchero e caffè, ma la manodopera necessaria non è reperibile: la “servitù a contratto”, cui circa metà degli immigrati dall’Europa si assoggettano per pagare il viaggio, non basta. Allora i coloni ricorrono alla schiavitù, che Spagna e Portogallo già utilizzano da tempo nelle rispettive colonie.
Quasi 50.000 nativi americani vengono schiavizzati, ma subito decimati dalle malattie portate dagli europei. Li sostituiscono progressivamente africani deportati: i primi arrivano in Virginia nel 1619. Dopo qualche decennio, lo stesso Stato promulga il Codice degli schiavi, che dichiara proprietà privata tutte le persone “importate” da Paesi non cristiani, e la loro discendenza. Si stima che tra il Seicento e l’Ottocento da 500.000 a 650.000 africani siano stati deportati in Nord America come schiavi.
Dalla rivoluzione…
Agli inizi del Seicento gli equilibri politici in Europa cambiano e l’Inghilterra si appropria di tutte le 13 colonie del Nord America. Dal 1764, l’imposizione di nuove tasse e l’impossibilità di autogovernarsi generano crescente malcontento in quei fiorenti territori: i coloni organizzano un esercito, emettono moneta unica e nel 1774 i loro delegati costituiscono il “Congresso continentale”, una forma di autogoverno che il 4 luglio 1776 approva la Dichiarazione d’Indipendenza: nascono ufficialmente gli Stati Uniti d’America (Usa). Ma il conflitto politico con la Corona britannica degenera presto in conflitto armato, e l’intervento di Francia, Spagna e Olanda a fianco dei coloni ne sancisce la definitiva vittoria nel 1783.
… alla guerra di secessione
Agli inizi dell’Ottocento risale la prima grande ondata migratoria verso gli Usa: molti asiatici raggiungono le coste della California attratti dalla corsa all’oro, mentre tra il 1820 e il 1830 la carestia in Europa spinge nel “nuovo mondo” milioni di persone, soprattutto da Germania e Irlanda. Nel 1850, per tale immigrazione il cattolicesimo diventa la principale denominazione cristiana del Paese.
Nell’Unione federale, gli Stati del Sud, agricoli e latifondisti, sostengono il libero commercio, mentre quelli del Nord, industriali e commerciali, prediligono il protezionismo. Nel 1860 Abraham Lincoln, favorevole a una graduale abolizione della schiavitù, diventa presidente dell’Unione, e alla disputa economica si aggiunge quella fra il Nord abolizionista e il Sud schiavista. Undici Stati del Sud si staccano dall’Unione e creano una Confederazione con capitale Richmond, in Virginia: la guerra civile inizia un mese dopo l’insediamento di Lincoln e termina il 6 aprile 1865 con la sconfitta degli Stati del Sud.
Dalla schiavitù alla segregazione razziale
Pochi giorni dopo, Lincoln viene assassinato da un sudista, ma l’abolizione della schiavitù, da lui fortemente voluta, viene decretata il 6 dicembre dello stesso anno e circa 4 milioni di schiavi vengono liberati. In un clima tutt’altro che pacificato, gli schiavisti si organizzano in gruppi violenti, come il Ku Klux Klan, per terrorizzare la popolazione afroamericana. Tra il 1876 e il 1964 molti Stati adottano le “leggi Jim Crow” che legittimano la discriminazione e la segregazione razziale. I neri americani divengono cittadini di seconda classe, esclusi dal voto e separati fisicamente nella vita sociale e lavorativa.
Verso i diritti civili
Alla guerra di Secessione segue un periodo di rapida industrializzazione e urbanizzazione che tra il 1880 e il 1920 attrae più di 20 milioni di immigrati dall’Europa. Dopo la Seconda guerra mondiale si rafforza la migrazione interna dalle fattorie alle grandi città, soprattutto quelle delle coste Est e Ovest.
Il razzismo, ancora molto radicato, recede gradualmente grazie al Movimento per i diritti civili. Nel 1954 la segregazione razziale viene dichiarata incostituzionale con la “desegregazione” delle scuole, ma le leggi sui diritti civili e politici la aboliscono definitivamente soltanto nel 1965, più sulla carta che nella realtà.