Mi chiamo Francesca. Vivo a Padova, ho 26 anni e nell’agosto del 2019, insieme a Carmen, Miriam, Alberto, Matteo e Zeno, ho trascorso tre settimane in Ecuador per conoscere e comprendere un Paese ricco di culture, volti e storie. Il viaggio è frutto del percorso Giovani impegno missionario (Gim) della Famiglia Comboniana, al quale mi sono avvicinata per caso. Accoglienza, semplicità e condivisione sono le prime sensazioni che ho percepito varcando la soglia della grande casa comboniana: esattamente ciò di cui sentivo il bisogno. E vivendo un periodo, pur brevissimo, di “missione”, queste parole hanno acquistato un senso nuovo e generato riflessioni che mi provocano ancora, a un anno di distanza.
Intercultura: cos'è?
L’intreccio di culture è molto marcato in Ecuador, la cui popolazione è composta da tre grandi sottogruppi: il popolo originario degli indigeni, i meticci, incrocio di indigeni e conquistatori spagnoli, che rappresentano la maggioranza della popolazione, e gli afrodiscendenti, progenie degli schiavi africani deportati in America Latina durante la colonizzazione spagnola.
Padre Antonio D’Agostino e Mariapia Dal Zovo sono stati le nostre guide dall’Italia: con anni di vita trascorsi in quelle terre, ci introducono subito alla difficoltà di integrare armoniosamente etnie tanto diverse, ricostruire l’identità culturale dei sottogruppi coltivando, nel contempo, il sentimento di unità nazionale. Parlare di intercultura rimanda al servizio missionario di “pastorali afro e indigena”, volte entrambe a promuovere la dignità di popoli emarginati e oppressi da secoli. In particolare, avvicinandoci al popolo afro si percepisce un sentimento doloroso di “sconfitta intrinseca”.
Per questo la Chiesa missionaria gli dedica particolare attenzione: si tratta di ridare un volto alla storia e alle origini degli afrodiscendenti, affinché maturino un senso positivo di appartenenza. Come può un popolo essere così privo di fiducia in sé? Che cosa sono l’identità di un popolo e di un individuo? Sono plasmate dalle tradizioni? Si formano con la crescita? Io ho mai messo in discussione quali siano i termini per definire la mia identità?
Sguardi da scoprire
Dopo quattro giorni di immersione in una terra ricca, colorata, profumata di frutta esotica, lana di alpaca, cielo e nuvole, lasciamo Quito e procediamo lungo le Ande. Attraversiamo spazi sconfinati: l’intensità di verde, marrone e giallo non riescono a stancare gli occhi e iniziano a scaldare il cuore.
Così arriviamo a Riobamba, città più piccola, meno turistica e più “familiare”. Sguardi molto curiosi, a tratti diffidenti o quasi reverenziali, ci scrutano. Non è facile avvicinarsi alla gente: il nostro essere bianchicci, europei “ricchi”, ovvero gringos, non agevola l’incontro.
Improvvisamente scopro che anche la mia pelle ha un “colore”! È la prima volta nella vita che sperimento di essere… diversa!