All’aeroporto di Nairobi mi aspettano suor Giuseppina Vecchi e don Venturino, missionario della diocesi di Alba. Su una vecchia Land Rover, polverosa e carica all’inverosimile, partiamo il giorno seguente. Tappa obbligatoria, Nanyuki, piccola città sull’equatore che ospita gli uffici della remota diocesi di Marsabit. Al posto di blocco di Isiolo ci controllano i documenti; la barriera si alza e inizia l’interminabile strada sterrata nella savana. Dopo varie tappe, al tramonto arriviamo a Marsabit, un’oasi di foresta nel deserto. Con il parroco di Alba, Giovanni Asteggiano, ci attendono le comboniane: Felicina Cremona, Alberta Tonon, Trinidad Rodríguez, Teresa Raimondo e Fulgida Gasparini. Mi sento attesa e accolta. Che bello!
La forza della grazia
L’anno dopo ho celebrato lì la mia scelta missionaria «per sempre, con la grazia di Dio», grazia che ho sperimentato nell’imparare la lingua swahili, ascoltare la gente e apprendere le loro usanze e costumi. Questa grazia mi riempie ancora il cuore di gratitudine. All’inizio ho faticato ad adattarmi al clima, al cibo, alla scarsità d’acqua, alla mancanza di elettricità, al dover raggiungere i villaggi in motorino (dono dei miei genitori) su piste non sempre sicure. Fortunatamente non ero sola: Alberta Tonon, esperta missionaria e conoscitrice delle lingue locali, era con me e ci alternavamo nell’uso di motorino e bicicletta.
Giovani cercansi
In quella realtà nomade i giovani si potevano trovare solo al pascolo nel deserto del Chalbi (del sale); pochi fortunati erano nelle scuole, costruite dalla Chiesa cattolica e gestite dal governo. Con la collaborazione degli insegnanti della scuola primaria, nelle classi corrispondenti alla seconda e terza media, e nella scuola tecnica maschile diocesana avviamo un programma di conoscenza di sé e degli altri. Col tempo, durante le vacanze scolastiche, quei giovani realizzano nei loro villaggi attività formative e ricreative. Una volta all’anno, l’immensa parrocchia convoca a Marsabit tutte le ragazze e i ragazzi.
Nel 1992, in concomitanza con le prime elezioni democratiche in Kenya e l’ordinazione dei primi due preti locali (un Rendille e un Gabra), avviene il primo e indimenticabile “grande raduno” giovanile di tutta la diocesi; è organizzato dalla comboniana Mariarosa Ungari e dal comboniano Angelo Olgiati, aiutati dai primi maestri diplomati. La preparazione inizia un anno prima, facilitata dall’équipe nazionale giovanile di Nairobi: sono coinvolte tutte le parrocchie della diocesi, vasta quanto l’Italia settentrionale. Da allora ogni parrocchia inizia ad assicurare ai giovani una formazione umano-cristiana e un sostegno negli studi. Quei ragazzi e ragazze, parte attiva della comunità locale, oggi lavorano anche in uffici governativi e ong.
Formare chi forma
Tra il 1986 e il 1994 il team diocesano avvia il “Reap” (Religious Education Awareness Programme), un percorso di educazione religiosa per insegnanti cattolici e protestanti dispersi in un’area a prevalenza animista e musulmana. Era importante farli incontrare e, soprattutto, provvedere loro una solida formazione cristiana per l’insegnamento della religione nelle scuole. Gradualmente, gli insegnanti con spiccate doti di leadership diventano nostri collaboratori nel diffondere il programma, sostenuto anche dal ministero dell’Educazione. Lo inizia Mariarosa Ungari e lo continuano suor André Rothschild e altre comboniane.
Famiglie “speciali”
Nel 1991, su richiesta del team diocesano e della parrocchia di Marsabit, suor Esperanza Rosillo viene da Kariobangi (Nairobi) con due coppie “missionarie” di etnia kikuyu per iniziare un corso per sposi: sono tre giorni residenziali di confronto fra le tradizioni locali e la parola di Dio. Lentamente il lavoro di gruppo si trasforma in dialogo all’interno della coppia, favorendo la reciproca conoscenza nel mutuo rispetto: un vero cammino di fede. L’eucaristia concludeva il corso con un’esplosione di gioia.
Chi partecipava ai corsi scopriva doni da mettere a servizio della comunità: insieme abbiamo redatto due catechismi per l’eucaristia e la riconciliazione, con liturgie che coinvolgevano tutta la comunità.
“Missionari” in erba
Dalla quarta elementare alla terza media una delle attività extracurriculari è il “movimento missionario”. In presenza di alcune insegnanti e qualche genitore, ragazze e ragazzi si incontrano, pregano per i loro coetanei di tutto il mondo e s’impegnano come gruppo in attività di cura reciproca e verso il prossimo: portano acqua e legna a un’anziana sola o un po’ di zucchero alle persone più povere. Una volta l’anno, tutti i membri del movimento e coloro che desiderano farne parte si radunano insieme in un giorno di festa e di giochi.
Sono partita dal Kenya il 1° ottobre 2018. La mente ripercorre gli eventi, rivede i volti delle sorelle e dei fratelli con i quali ho camminato, e il cuore rivive la gioia. Il Vangelo è un annuncio di liberazione che trasforma dal di dentro e, abbattendo barriere, crea fratellanza; e adesso continuerò a condividerlo in Uganda.