Giovedì, 30 Dicembre 2021 16:21

2022: “Anno di grazia”

Qual è il valore dell’anno così particolare che ci si spalanca davanti?
Senza pretendere di anticipare il desiderio di Dio per noi, che chissà quale “grazia”, quale dono vorrà farci, possiamo dire che questo sarà un tempo per fermarci, per ricordare, per ringraziare e per valutare dopo aver prestato ascolto dentro e fuori di noi; dentro e fuori della nostra congregazione.
Dentro, perché viviamo un momento di grandi trasformazioni che richiede attenzione, valutazione, fede e audacia. Fuori, perché è indispensabile ascoltare con cuore attento la realtà e la storia del nostro tempo, così da poter scorgere nuove chiamate per noi.
Sono chiamate che ci spingono ad andare oltre: oltre i percorsi già conosciuti e i modi di vivere la missione già fin troppo sperimentati. Sono chiamate a farci presenti in realtà umane nuove e con modalità nuove. Sono chiamate che chiedono coraggio.

Far spazio alla “luce”
Ripercorrere la nostra storia di 150 anni è importante per ricordare e per ringraziare, ma anche per trovare quella luce di cui abbiamo bisogno per vivere il presente e il futuro “carismaticamente”. Dal greco charis (grazia), il carisma è la “grazia di Dio” all’opera in chi inizia e fa crescere un’iniziativa per il bene comune. Il carisma plasma lo stile di vita e i servizi con cui rispondiamo ai bisogni di un determinato tempo in un determinato luogo. Vivere carismaticamente equivale ad assumere e svolgere il nostro compito nel mondo.
Il momento presente ha la sua complessità, che la diminuzione numerica nella nostra congregazione acuisce ulteriormente, ma tale complessità offre anche opportunità inedite: ci spinge con urgenza a riorganizzare le presenze, le strutture di governo e la metodologia missionaria.

Trasformazione necessaria
Come congregazione, la riconfigurazione delle presenze è ciò di cui abbiamo bisogno per rivedere le nostre priorità carismatiche alla luce delle urgenze dell’umanità del nostro tempo e della specificità del nostro “essere missionarie”. È una trasformazione necessaria, che esorta a condividere di più e a “camminare insieme” in modo più inclusivo anche all’interno della nostra stessa congregazione.
Le Circoscrizioni, entità organizzative entro le quali viviamo e attraverso le quali offriamo il nostro servizio missionario in diversi Paesi del mondo, esplorano nuovi ambiti e stili di collaborazione; come congregazione ci ascoltiamo di più e facciamo insieme più discernimento per orientare il nostro futuro.
La diminuzione numerica ci sta spingendo a ripensare anche la nostra metodologia missionaria: coinvolgere maggiormente altre presenze e realtà, ecclesiali e non, potrà aiutarci a rendere più protagonisti del proprio destino i popoli con i quali condividiamo la nostra vita e testimonianza evangelica.

Morte che genera vita
Dalla nostra storia sappiamo bene che il “nuovo” è nato spesso da trasformazioni dolorose: abbiamo raggiunto nuove terre e sviluppato nuovi modi di presenza a seguito di espulsioni dolorose, spesso anche drammatiche, da Paesi dove le nostre comunità e attività apostoliche erano in grande espansione.
La Mahdia, che nel 1882 ha travolto le prime missioni del Sudan, è stata una prova dolorosissima, un’esperienza brutale di violenza e di morte. Sembrava aver messo fine al nostro istituto, che contava appena dieci anni di vita, e si è invece rivelata un’esperienza fondante nel consolidare la nostra identità missionaria. La memoria di quella tragedia ha confermato fino a oggi generazioni di comboniane: la disponibilità a rimanere in situazioni particolarmente difficili, a far «causa comune» con la gente fino a dare tutto, scaturisce dalla convinzione che la morte, affrontata per amore, genera sempre nuova vita. La nostra storia è piena di svolte dolorose che hanno generato l’inatteso.

Sempre in evoluzione...
Far memoria di 150 anni costellati di “morti” e di “risurrezioni” dona luce per attraversare anche questo momento non facile e segnato da ulteriori svolte: sono necessarie per poterci situare nel futuro in modo significativo.
Questo anno, allora, diventa occasione di rileggere la nostra storia e trovare in essa ulteriori conferme: sono quelle che donano energia e coraggio per attraversare la complessità del nostro tempo.
Il giubileo è certamente tempo per ringraziare, perché il vissuto della congregazione ci permette di riconoscere il passaggio di Dio che tante volte, in modi a volte misteriosi, ci ha già condotte per sentieri sconosciuti e, nella nostra fragilità, ci ha protette, ci ha rafforzate nella fede ed ha alimentato in noi il coraggio di andare avanti.

… con gratitudine
Il 2022 è l’anno per ringraziare tutte le sorelle che ci hanno preceduto e che, con il loro esempio, ci hanno confermato nella nostra vocazione, ma è anche il tempo per dire grazie alle sorelle di oggi, alle comboniane del “presente” che, sfidate da una complessità che disorienta, guardano avanti, all’umanità di oggi, cercando di scorgere indicazioni per plasmare la nostra presenza affinché si collochi in modo più significativo nella realtà sociale ed ecclesiale attuale.
Questo anno giubilare, infine, è l’opportunità di assumere la nostra responsabilità nei confronti del futuro della congregazione e del suo carisma. È una responsabilità concreta, che si traduce nell’impegno di ciascuna a camminare insieme verso il prossimo Capitolo generale, perché nel mese di ottobre l’assemblea capitolare dovrà offrire orientamenti determinanti per la vita dell’Istituto.

 

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Last modified on Giovedì, 30 Dicembre 2021 16:35

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