Per quasi 16 anni la Mahdia ha letteralmente cancellato la missione cattolica del Sudan e costretto l’istituto delle Pie Madri della Nigrizia, nato da appena 10 anni, a confrontarsi con un prolungato martirio. Una prova durissima, che però non lo ha schiacciato. Il “martirio” come “testimonianza di vita” ha continuato a costellarne l’esistenza, sia per il legame delle missionarie con i popoli che le accolgono, spesso oppressi da regimi dittatoriali o lacerati da conflitti armati, sia per la violenza dell’uomo sulla donna, che molte culture ancora avallano.
«L’augurio che ci facciamo a vicenda è meditare su questa esperienza, lasciandoci interrogare su come viviamo gli eventi, grandi o piccoli, del nostro essere donne consacrate missionarie, inserite vitalmente nelle tragedie di sofferenza, dolore e morte dei popoli, tragedie in cui ci troviamo anche oggi coinvolte». Con queste parole Luzia Premoli, allora superiora generale delle Suore missionarie comboniane, introduceva nel 2011 il volume dell’Archivio Madri Nigrizia dedicato alla Mahdia.
Nel 150° di vita dell’istituto è importante ricordare almeno alcune esperienze di martirio, talvolta anche cruento, che le Pie Madri hanno attraversato: alla violenza e all’impotenza hanno quasi sempre risposto con la “risurrezione” del Vangelo.
Nonostante le angherie patite, Elisabetta Venturini e Caterina Chincarini sono riuscite a far ritorno a Khartoum e a continuare con dedizione la loro vita missionaria.
Un’esperienza analoga hanno vissuto le sorelle che nel 1964 sono state catturate dai Simba nel Congo orientale: dopo mesi di orrore e profondamente segnate dai traumi subiti, hanno continuato a donare fiducia e vita, in Congo come altrove. Anche le sorelle imprigionate nel 1964 nel Sudan meridionale, e poi espulse con le altre perché testimoni delle torture inflitte dal governo di Khartoum alla popolazione “nera”, hanno continuato a essere “sorelle” in cammino con popoli emarginati e impoveriti. Tra le tante vittime dei conflitti in Uganda e Mozambico ci sono anche due suore comboniane, rispettivamente Liliana Rivetta (1971) e Teresa Dalle Pezze (1985).
Molte missionarie, anche in tempi recenti, nella Repubblica democratica del Congo, in Centrafrica e in Sud Sudan hanno condiviso con la gente il terrore degli attacchi militari e dei bombardamenti.
Far memoria della loro testimonianza di vita dona fiducia per le nostre scelte di oggi. Nel 1974, Paolo VI diceva al Pontificio Consiglio per i Laici che si ascoltano più volentieri i “testimoni” che i maestri, e se si ascoltano i maestri è perché sono dei testimoni; e lo ripeteva l’anno successivo nella sua enciclica sulla missione, Evangelii nuntiandi.