Sono Loreta, suora missionaria comboniana dal 15 marzo 2015. Non mi era mai passata per la testa l’idea di poter essere suora, figuriamoci missionaria; ma la vita segue percorsi imprevedibili e lasciarsi sorprendere da Dio è magnifico!
Passione “contagiosa”
La mia “strana” vocazione è maturata grazie a persone che mi hanno “contagiato” di passione missionaria. Da bambina, nella mia parrocchia a Troia, i racconti di comboniani e comboniane di ritorno dalla missione cominciano a coinvolgermi, e parto per un viaggio in Malawi e Zambia con padre Antonio Guarino, giovane prete comboniano per qualche anno guida del nostro gruppo giovani.
Tante persone venivano anche da lontano per parlare con lui: per tutte aveva un sorriso e una parola di incoraggiamento, ed era bello vederle ripartire con il suo sorriso riflesso nel loro volto. Ho capito che puoi essere felice anche mettendo da parte il tuo piano e lasciando spazio a quello che Dio ha per te.
Poi incontro Laura Malnati e Tarcisia Ciavarella, due comboniane che si completavano in passione, allegria e desiderio di condividere la pienezza di vita data da Gesù. Tarcisia, originaria di un paese molto vicino al mio, viveva a Torre Annunziata con Laura, allora responsabile dell’orientamento vocazionale in Italia. Le mando una email piena delle mie “strane” idee e lei la inoltra a Laura; così inizio il cammino di aspirante comboniana mentre frequento l’università a Padova.
La saggezza di Domenica
Il noviziato è a Quito, in Ecuador, dove ricevo il testimone da sorelle che hanno saputo spalancare la missione comboniana all’America Latina, dal “salvare l’Africa con l’Africa” al “salvare l’Ecuador con l’Ecuador”. Sono andate avanti anche quando non erano considerate “vere comboniane”, ma per loro il carisma, dono di Dio per la Chiesa, non poteva bloccarsi in Africa.
Oggi riconosciamo che “missione” non è un luogo geografico ma incontro e accoglienza. Suor Domenica Bertinazzi, donna forte e tenera, espulsa nel 1964 dal Sudan e sbarcata a Esmeraldas nel 1965, era con noi a Quito. I suoi racconti ci lasciavano a bocca aperta e ci facevano ripetere: «Che bello essere come lei!». Donna di lavoro e preghiera, di azione e contemplazione, ci offriva sempre una parola giusta; raccontava la sua storia ed era aperta ad ascoltare il nostro sogno. Mi ha fatto scoprire che senza anziane come lei, che evitano di ripetere «si è sempre fatto così», noi giovani non possiamo vivere appieno un “essere missione” vecchio di 150 anni ma ancora attualissimo.
Risorgere è possibile
In Ecuador ho sperimentato anni di vita missionaria che mi hanno forgiato: lavoro come delegata del vescovo nella città di Esmeraldas, in una scuola dov’è arrivato Marcello, abbandonato dal padre quando era piccolo e poco seguito anche dalla madre. Frequenta il penultimo anno di scuola superiore; caso strano, visto che al termine del percorso di studi non si poteva cambiare scuola, ma lui la cambia e come “una sorpresa di Dio” ce lo ritroviamo tra 2.500 studenti.
Per abuso di droga e un atto violento deve essere espulso; io ricordo le parole di Comboni «stare con i più abbandonati» e rivolgo un ultimatum alle autorità scolastiche: se cacciano lui devono cacciare anche me. Marcello rimane, si lascia aiutare e comincia a credere in sé e nelle sue capacità: “risorge”. Oggi studia da assistente sociale: «Io so cosa significa cadere in una fossa profonda, ma anche cosa significa trovare la mano amica che aiuta a rialzarti».
Creativa in cammino
Oggi sono in Africa, a Isiro, nella Repubblica democratica del Congo. Qui raccolgo il testimone da sorelle che nella guerra e nella sofferenza sono “state con” la popolazione. Sono appena arrivata, ma è bastato mettere piede su questa terra rossa per riconoscere in essa quella “tipica” missione comboniana che ascoltavo a bocca aperta da bambina: mi sono svegliata dal sogno e ne faccio parte concretamente.
Oggi chiedo a Dio la creatività della Genesi, quella del germoglio che nasce a ogni primavera e può rendere significativo il nostro essere qui dopo 150 anni di storia incredibile, eredità straordinaria di sorelle «sante e capaci» che mi hanno preceduta… mentre io sono ancora in cammino!