Nel 2015 nasceva a Padova, nella canonica della parrocchia di Santa Maria Assunta al Bassanello, la Comunità missionaria “Malbes”, composta da due famiglie (con tre bambine e un bambino) e da una suora missionaria comboniana. L’idea di persone laiche che condividessero la quotidianità con una religiosa era maturata da un gruppo di coppie che avevano frequentato il Gim (Giovani impegno missionario) ed era in sintonia con quanto deciso nel 2010 dal Capitolo generale: condividere il carisma di Daniele Comboni con persone laiche.
IN CANONICA
Il nome “Malbes” viene scelto in ricordo della comunità cristiana fondata nel 1877 in Sudan da Comboni, la prima in cui vivevano insieme laici africani ed europei, preti e religiose. I tre pilastri fondanti sono: la Parola di Dio del giorno, ascoltata nella preghiera quotidiana della comunità e che guida i cammini personali e comunitari; la Missione accogliente, aperta all’incontro che diventa testimonianza di vita; Far causa comune, ovvero avere a cuore la vita di ogni persona, anche di chi incontriamo per strada.
Dopo un anno di vita, una delle famiglie decide di lasciare: non è facile conciliare i suoi impegni con quelli di “Malbes”. Così rimangono una famiglia e una suora comboniana, e nel 2017 ne arriva un’altra. Nel 2019 si aggiunge una giovane coppia cresciuta missionariamente nel Gim; per mancanza di spazio la giovane famiglia non vive in canonica, ma partecipa alle attività della comunità e anima il Gim2 (vocazionale).
A SERVIZIO
È stato spontaneo impegnarci subito a insegnare la lingua italiana in una vicina struttura per rifugiati e tessere fraternità con persone segnate da storie tristissime. Quando la struttura è stata chiusa, abbiamo mantenuto con alcuni di loro una bella amicizia.
Dall’inizio abbiamo promosso in parrocchia la lettura popolare della Bibbia, momento di ascolto e condivisione della Parola e della vita: a partire dal Vangelo della domenica, a turno ogni persona prepara una breve introduzione ed esprime cosa raccoglie dalla “Buona Notizia” per orientare la propria esistenza.
Nel 2017 i servizi sociali ci hanno chiesto di accogliere una madre di tre figli: il maggiore aveva 6 anni ed era affetto da autismo, il secondo ne aveva 2 e la terza era di appena tre settimane. Dopo il parto in ospedale la donna non aveva dove andare, una volta dimessa: noi abbiamo subito dato disponibilità e lei è arrivata con i due più grandicelli che, per la paura, le si nascondevano dietro, ma dopo pochi mesi si sentivano già “a casa”. Dopo tre anni hanno ricevuto dal Comune un piccolo appartamento di due stanze, dove ormai vivono da più di un anno. Nel frattempo la mamma ha trovato un lavoro a tempo indeterminato e si è integrata bene sia nel quartiere sia in parrocchia. La stiamo accompagnando verso un’autonomia sempre maggiore e ci edifica vedere la dedizione con cui cresce la sua famiglia.
IL VALORE DELL’ACCOGLIENZA E…
L’esperienza ci conferma che accogliere la persona immigrata è scelta missionaria che diffonde fratellanza e sorellanza universale.
Dopo la mamma togolese, ne abbiamo accolta una senegalese, che era in Italia da 15 anni ma non parlava l’italiano. Aveva una bambina di due anni e una storia drammatica a causa del marito violento. Lei, musulmana, è rimasta con noi due anni e l’abbiamo affiancata in ogni modo, ma per la sua situazione non è riuscita a integrarsi nella realtà italiana.
Attualmente la comunità ospita una giovane nigeriana vittima di tratta che frequenta un corso di avviamento al lavoro. Il suo bambino ha 4 anni, frequenta la scuola materna, ma non parla né italiano né inglese, e talvolta esprime il suo disagio con atteggiamenti aggressivi. Anche per loro auspichiamo una progressiva autonomia: il nostro essere comunità “missionaria” si concretizza nell’accoglienza che “fa causa comune” con le donne più deboli e fragili, con le vittime di violenza e di tratta che qui possono sentirsi “a casa” e, speriamo, “rifiorire”.
… DELLA SOLIDARIETÀ
Anche il doposcuola che abbiamo avviato nella parrocchia di Santa Teresa è “missione”. Lo frequentano 30 bambini e bambine di famiglie immigrate, di una decina di nazionalità. Sono accompagnate gratuitamente da studenti e insegnanti, anche in pensione. Grazie alla generosità della comunità cristiana locale abbiamo poi iniziato il servizio Caritas: una volta al mese durante le messe parrocchiali si raccolgono alimenti da distribuire alle famiglie più bisognose… e ci si educa alla condivisione. Sono passi di solidarietà “oltre confine”, coltivati ogni mese anche da una celebrazione “missionaria” con canti in varie lingue e intenzioni particolari per altre parti del mondo.
BILANCI PROVVISORI
Sette anni fa abbiamo iniziato con la parola del profeta Geremia: «Che cosa vedi? Vedo un ramo di mandorlo» (Ger 1,11-12). Il mandorlo non è un fiore primaverile, germoglia nel tempo delle gelate improvvise e anche nella stagione invernale permette di percepire i segni di ciò che verrà. Anche noi, Comunità “Malbes”, abbiamo visto il “ramo di mandorlo”, ovvero una comunità dove le diverse vocazioni si arricchiscono a vicenda sostenute dal carisma comboniano, e l’abbiamo vista sbocciare in un tempo che cerca nuovi cammini di vita evangelica, laicale e religiosa, più fedele alla Parola di Dio e alla quotidianità di tanta gente. In ascolto dello Spirito abbiamo osato iniziare.
NUOVI SVILUPPI
Dopo sette anni, le esigenze della vita ci portano a decidere che in canonica rimarranno a vivere solo le suore. Anche la famiglia che vi ha vissuto con le figlie (che crescono) pur continuando a essere parte della Comunità “Malbes” si trasferirà in una casa propria. La canonica, purtroppo, non offre possibilità di “allargare lo spazio”, ma queste scelte costituiscono uno sviluppo che può aprire strade nuove. Infatti non è il luogo che fa la comunità ma i suoi tre pilastri (Parola, Missione, Far causa comune).
Noi, dopo sette anni, ci sentiamo ancora agli inizi nel comprendere cosa significhi vivere, suore comboniane e famiglie insieme, il carisma comboniano. L’esperienza di condivisione di vita tra persone laiche e religiose che hanno accolto donne africane con figli e figlie è stata arricchente per lo scambio continuo: attorno al pozzo ci offriamo reciprocamente l’acqua per dissetarci.
Forse la nostra è una realtà scomoda, ma crediamo che la Chiesa oggi sia a un punto di svolta e che debba rinnovarsi per farci vivere la sequela di Gesù di Nazaret.