Arrivata in Mozambico nel 1963, vi sei rimasta fino alla fine. La tua esistenza è stata plasmata dal vissuto del popolo mozambicano, attraversando con esso le fatiche del tempo coloniale, l’allegria dell’indipendenza e i 15 anni, duri e tragici, della guerra civile. Sono stati anni che hanno segnato la vita del Paese e anche quella della Famiglia comboniana: nel 1985 è stata uccisa Teresa Dalle Pezze e, nell’agosto 1992, pochi mesi prima dell’accordo di pace, Alfredo Fiorini. “Dare la vita” è parte della vocazione missionaria.
Cara Maria, hai vissuto tutti questi eventi come sorella del popolo che sentivi di amare e dal quale ti sentivi amata. Sei stata una “donna del Vangelo e di Carità”, come Daniele Comboni desiderava fossero le sue suore. Del Vangelo ti sei fatta strumento, annunziando, insegnando, ascoltando, ponendosi accanto, camminando insieme, credendo nelle capacità delle persone.
Sì, cara Maria, tu sei stata tutto questo e molto altro.
La formazione e la crescita dei leader delle comunità cristiane, l’attenzione alle famiglie, alle donne, ma anche alle giovani dei lares (convitti), sono stati gli ambiti in cui ha speso con passione le tue energie, senza perdere la pazienza e creando dialogo e comunione.
I miei passi si sono incrociati con i tuoi al mio arrivo in Mozambico: nel 1997 sono giunta alla missione di Meconta, di cui eri la referente. Erano gli anni in cui il Paese si stava rialzando dalle macerie della guerra civile. Tu, insieme alle altre sorelle, mi sei stata maestra nell’introdurci alla vita missionaria “in uscita”: si raggiungevano le zone più remote, antiche basi dei “ribelli” della Renamo, e si rimaneva a dormire e a mangiare nelle comunità. Così si incoraggiava quella Chiesa ministeriale che, grazie alla presenza di uomini e donne che nelle difficoltà hanno mantenuto la fede, era stata capace di resistere alla guerra.
Ci siamo poi ritrovate in questi ultimi due anni, nella missione di Chipene che tu, Maria, hai visto nascere, crescere e maturare. Ricordavi quando andavate a piedi a conoscere le piccole comunità nascenti. Oggi la parrocchia di Chipene è immensa, e quelle comunità le conoscevi quasi tutte.
Quest’anno nella scuola era iniziata la 11a classe e con l’aiuto di persone amiche avevamo reso più accogliente il convitto delle ragazze. Le sfide erano grandi, ma il desiderio di offrire loro un futuro dignitoso era più grande.
Purtroppo i nostri sogni sembrano essere svaniti in una notte; sembra che l’odio abbia avuto di nuovo il sopravvento.
Mi piacerebbe rivederti quando si lavorava con le ragazze nell’orto; quando si studiava con loro, quando si cantava, si giocava o si faceva festa.
Mi piacerebbe rivederti seduta fuori di casa, sotto il mango, a parlare con le persone che ti venivano a cercare; o le domeniche trascorse con le comunità cristiane, per celebrare e condividere con loro la Parola di Dio.
Ma se chiudo gli occhi l’immagine che mi torna alla mente è quel tuo corpo steso a terra, quasi un altro crocifisso con il volto sfigurato e coperto di sangue. Quel volto sorridente, che ha accolto tante persone. La tua vita, Maria, l’hai donata fino alla fine per servire e amare il popolo mozambicano; anche quelli che hanno alzato la mano contro di te.
La tua testimonianza e il tuo sacrificio possano ravvivare in noi il desiderio di essere fedeli alla nostra vocazione comboniana e ravvivare in tutta la Chiesa lo slancio missionario che la costituisce.