• Il 18 aprile 1951, con il Trattato di Parigi, Belgio, Francia, Repubblica Federale di Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi costituiscono la Comunità del carbone e dell’acciaio (Ceca): un modo di cementare la pace fra vincitori e vinti, che si trovano a collaborare secondo il principio di uguaglianza.
• Il primo significativo passo indietro nell’integrazione europea risale al 1954. Il progetto di Comunità europea di Difesa (Ced), promosso da Jean Monnet e da Altiero Spinelli, prevedeva l’istituzione di un esercito europeo in sei brigate e di una Comunità politica europea (Cpe) che avrebbe rappresentato il nucleo politico di un embrione di Stato federale. Le incertezze italiane e l’ostilità della Francia, impantanata nelle guerre postcoloniali, hanno la meglio sulla visione lungimirante degli statisti europei.
• Il 30 agosto 1954 l’Assemblea nazionale francese blocca l’adozione del trattato che istituiva questa nuova Comunità. Il progetto viene definitivamente affossato. Oggi la costruzione di un esercito europeo è tornata all’ordine del giorno e i governi nazionali sembrano più consapevoli della necessità di questo passaggio.
• Nel 1957, ovvero tre anni dopo questo eclatante fallimento, la strada dell’integrazione europea viene rilanciata grazie all’istituzione della Cee (Comunità economica europea) e dell’Euratom (Comunità europea dell’atomo), istituzioni che nel 1967 si fonderanno con la Ceca, per dare vita a un unico organismo: le Comunità europee.
• Nel 1965 ricorre un’altra crisi: la Francia, guidata dal generale Charles De Gaulle, il 30 giugno boicotta le riunioni del Consiglio europeo per contrastare il ridimensionamento della politica agricola comune (Pac). La “politica della sedia vuota” si conclude con l’adozione della regola dell’unanimità, che introduce il potere di veto sulle politiche più importanti. Il carattere di sovranazionalità, promosso in quegli anni dalla Commissione europea e riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, rimane bloccato.
• La crisi petrolifera del 1973 induce ad adottare il primo sistema monetario europeo, con oscillazioni limitate dei cambi. Intanto Danimarca, Irlanda e Gran Bretagna, allettate dai progressi della Comunità europea, si aggiungono ai sei Paesi fondatori. Al contrario la Norvegia, che aveva sottoscritto il trattato per l’adesione alla Cee, per effetto di un referendum popolare respinge l’accordo e non ratifica il trattato.
• Nel 1979 il Parlamento europeo viene eletto per la prima volta a suffragio universale diretto dagli elettori dei nove Stati membri. Ne deriva uno slancio di fiducia: sembrava si riaprisse il cammino verso un’unione federale. Sulla spinta di questo entusiasmo, a partire dal “Libro Bianco della Commissione europea”, presieduta allora da Jacques Delors, e da un gruppo organizzato da Altiero Spinelli nel nuovo Parlamento europeo, nel 1986 viene redatto l’Atto unico europeo.
• Nel 1987 l’Atto unico europeo entra in vigore: inizia il Mercato unico europeo, con unificazione dei sistemi regolamentari ed economici dei Paesi membri.
• Nel 1989 cade il Muro di Berlino: il futuro offre nuove opportunità.
• Il Trattato di Maastricht, redatto nel dicembre 1991, sembra un passaggio naturale verso un modello federale di completa integrazione. La realtà, invece, è ben diversa. Entra in vigore il 1° gennaio 1993, dando vita all’Unione Europea, ma alcuni elementi non hanno ancora trovato piena realizzazione.
- L’unione monetaria, per esempio, non trova il suo bilanciamento in una vera unione finanziaria e bancaria.
- La sicurezza comune viene solo enunciata, ma non trova nell’Alto rappresentante, una sorta di ministro degli Affari esteri e della Difesa della Commissione europea, una figura con poteri effettivi.
Il Trattato è il risultato di negoziati tra Paesi che desiderano effettivamente una integrazione federale e altri che, al contrario, sono contenti di un’unione doganale e di un mercato unico garantiti da una conferenza intergovernativa, il Consiglio europeo.